
Quando nel salto in alto riuscii a fregare gli sbruffoni del Bramante
Oggi ti guarderebbero come lo scemo del paese, ma i Campionati studenteschi negli anni Cinquanta e Sessanta del 1900 erano onore e rispetto, spirito di appartenenza e perfino spocchia mafiosa. Soprattutto da parte di quei maledetti del "Bramante" i quali, contando sulla forza del numero e l’ampia base di scelta, vincevano praticamente sempre e tutto, dall’atletica leggera all’allora emergente pallacanestro. Tutti gli altri istituti erano vassalli, grezzo materiale necessario per le gare. Allo stadio "Benelli" con tribune strapiene, nella palestra "Carducci" e al campo all’aperto di viale della Vittoria. Noi del liceo scientifico "Marconi", appena nati e addirittura senza una casa propria tanto che eravamo "ospiti" proprio del "Bramante" subivamo sberleffi, tragiche prese per il culo, sfottò micidiali ad ogni edizione, con la preparazione e gli allenamenti che cominciavano in primavera, proprio in questa stagione marzolina. La prima rivolta degli schiavi, violenta e micidiale fu nel basket dei primi anni Cinquanta, quando, con i colori del "Marconi", scese sul cemento di viale della Vittoria la coppia Sandro Riminucci-Arnaldo Ninchi (nella foto): Achille e Ulisse incazzati come pantere dopo anni di angherie. La seconda occasione la creò l’indimenticabile professore di ginnastica Renzo Dionigi: "Ehi tu, spilungone che giochi a pallacanestro, se sei un vero atleta salta questa". Con aria irridente, nella vecchia "Carducci", mi sfidò ad affrontare l’asticella del salto in alto posta a 1,55. Gli risposi che lo avrei fatto a piedi pari e lui mi rispose "lo sapevo che sei uno sbruffone". Saltai come una libellula, col "prof" che mi urlò dietro "ma allora sei anche stron..!" e mi arruolò per il Campionato alle porte. Di fronte ad una tribuna osannante vincemmo la medaglia d’oro del salto in alto. Per la prima volta. Saltai la miseria di 1,70, stile ventrale. Era il 1956. Per tutta la sua lunga vita, ogni volta che ci incontravamo, il professor Dionigi mi sorrideva come a un figlio: "Ciao campione!". Ciao "prof", li abbiamo fregati bene quegli sbruffoni del "Bramante" eh? f.b.