Baxter: "Noi, più forti del sisma"

Premio Mascagni, il sito della Baxter sempre più un'eccellenza

Cristiano Salvadeo, 42 anni, dal 2015 guida la Baxter Medolla

Cristiano Salvadeo, 42 anni, dal 2015 guida la Baxter Medolla

MEDOLLA (Modena)

IL DRAMMATICO sisma di maggio 2012, la delocalizzazione, la ricostruzione, il passaggio di proprietà nel dicembre dello stesso anno. Tappe significative, spesso difficili, percorse dalla multinazionale biomedicale Baxter (ex Gambro Dasco) con impegno e tenacia tali da rendere oggi il sito di Medolla, con 540 dipendenti (oltre a una quarantina di consulenti esterni) non solo punto d’eccellenza nel panorama della Silicon Valley della Bassa modenese, ma «efficiente e strategico a livello internazionale», come lo definisce la casa madre di Chicago. «Per noi e per i nostri dipendenti è motivo di orgoglio» dichiara il manager Cristiano Salvadeo, 42 anni, general manager dal 2015 di Baxter Medolla, un ricco curriculum lavorativo in Italia e all’estero.

Ingegner Salvadeo, è vero che la casa madre, a dicembre 2018, ha deciso che la produzione dei macchinari per dialisi sarebbe stata trasferita da Lund, in Svezia, quartier generale dell’originaria casa madre Gambro, a Medolla?

«Non solo. A maggio 2019 c’è stato anche il trasferimento di una ulteriore macchina per dialisi cronica da Brooklyn Park (Minnesota, Usa). Gli americani hanno valutato i diversi siti, e Medolla ne è uscito vincente. Il nostro nuovo stabilimento post sisma ha cambiato prospettiva e paradigma rispetto al passato e produce in modo efficiente, efficace».

Spieghi.

«Tutte le funzioni di supporto, ad esempio, siedono nelle immediate vicinanze del processo così da ottimizzare i flussi di materiale e persone. Scelta, operata al momento della ricostruzione post sisma, dal 2013 al 2016, e che ha consentito l’implementazione di una produzione snella; un rapido scambio di informazioni; l’abbattimento dei costi; l’alta qualità di servizio ai clienti, e che ha particolarmente soddisfatto Baxter».

Corre voce che Baxter Usa sia rimasta stupita e quasi incredula dal tempo impiegato a trasferire, a fine maggio, i macchinari per le blood line a Tijuana, in Messico. E’ così?

«Confermo. Dieci giorni appena, con uno sforzo notevole, ma ce l’abbiamo fatta al punto che i dirigenti americani sono rimasti di stucco, commentando che nemmeno loro, popolo pragmatico, sarebbero riusciti nell’impresa. Nella parte di stabilimento un tempo deputato alla produzione delle blood line verranno prodotte, ad inizio 2020, le ‘dry cart’, i monouso considerati ‘farmaco’ per pazienti dializzati in alcuni paesi del mondo e sottoposti alla registrazione e certificazione Aifa, ancora per poco in produzione nello stabilimento svedese. Sono già in arrivo, infatti, i macchinari da Lund».

Il trasferimento di produzione delle blood line ha richiesto un periodo di cassa integrazione (Cis) che inizialmente, a fine maggio, ha visto coinvolti 150 dipendenti del settore, che di fatto si sono ridotti a una trentina. Come avete fatto?

«L’impatto è stato minimo, considerato il cambiamento. La maggior parte è stata assorbita dai nuovi processi di produzione dei monitor Ak 98 e sistemi ad acqua provenienti da Lund o impegnati in trasferte in Svezia e in Minnesota, in attesa dell’avvio della produzione a Medolla, prevista per la fine dell’anno, per i rimanenti monitor Prismaflex, Primsmax (nuovo monitor all’avanguardia nella gestione dei pazienti critici lanciato sul mercato da Baxter a fine 2018 e venduto in anteprima per il mercato italiano all’ospedale di Gela) oltre alle dry cart attese per il primo trimestre 2020».