Cagnolino legato con zampina rotta in condominio di Faenza: assolta la padrona

La difesa: in famiglia ci sono sette figli, la frattura potrebbe essere un incidente di gioco. L’accusa aveva chiesto una condanna a 5 mesi

Cagnolino legato con zampina rotta: assolta la padrona

Cagnolino legato con zampina rotta: assolta la padrona

Quel cagnolino, secondo la difesa, era stato maltrattato. Un meticcio marrone e nero, peraltro senza microchip, nei confronti del quale erano stati adottati "comportamenti non compatibili con le sue caratteristiche etologiche", si legge nel capo di imputazione. In particolare secondo quanto accertato in un condominio di Faenza durante un controllo di inizio marzo 2021 scattato dopo una segnalazione dei vicini, la bestiola veniva tenuta legata a una corda di tre metri e poi era sofferente a una zampa: fratturata, secondo il veterinario.

Uguale a richiesta pena per la sua proprietaria di cinque mesi (l’Enpa onlus inoltre si era costituita parte civile). Lunedì scorso al termine del processo, il giudice Federica Lipovscek ha però assolto l’imputata con formula piena, così come chiedeva la difesa (avvocato Andrea Maestri e dottore Francesco Maria Giacomoni). Naturalmente per capire le ragioni della scelta del giudice, occorrerà attendere le motivazioni della sentenza. Nel frattempo potremmo riepilogare quanto rappresentato in arringa della difesa.

In buona sostanza quel cagnolino di piccolissima taglia era inserito in una famiglia caratterizzata dalla presenza di ben sette figli. E’ cioè verosimile - ha proseguito la difesa - che la zampetta rotta fosse stata involontariamente schiacciata da uno dei bambini durante i giochi (vedi le rincorse con l’animale) e che la padrona non ne ne fosse poi accorta. Del resto - hanno proseguito i legali - il reato contestato (il 544 ter del codice penale, maltrattamento di animali) prevede la crudeltà o la non necessità della lesione inferta alla bestiola: e non era questo il caso visto che l’accusa non sarebbe stata in grado di fornire prova di una condotta consapevole e volontaria di un preciso soggetto della famiglia che, per crudeltà e senza necessità, avesse usato violenza al cagnolino. La richiesta principale era dunque per un’assoluzione piena, come poi verificatosi, per non avere commesso il fatto; o comunque per prova insufficiente o contraddittoria.

Al massimo, come ipotesi subordinata, la difesa aveva al più indicato la possibilità di una riqualificazione nel reato descritto dall’articolo 727 del codice penale, l’abbandono di animali: norma che punisce che custodisca animali in condizioni di grave sofferenza.