REDAZIONE RAVENNA

Dito tranciato in discoteca, chiesti 5 mesi

Rivista la richiesta di condanna della Procura per l’incidente al Pineta del 2017, una giovane si amputò il mignolo scendendo da un tavolo

Dito tranciato in discoteca, chiesti 5 mesi

Nuovo processo – rifatto per un errore procedurale – e richiesta di pena al rialzo per il caso della giovane forlivese che la notte del 15 aprile 2017, al Pineta di Milano Marittima, si tranciò il mignolo della mano destra, rimasto ghigliottinato in una grata, mentre scendeva da un tavolino utilizzato per ballare. In precedenza, il procuratore onorario aveva chiesto come condanna una multa a 600 euro per l’allora amministratore delegato della discoteca: inizialmente accusato di lesioni, il reato rivisto in lesioni da incidente sul lavoro richiedeva la presenza di un pubblico ministero togato. Risultato, tutto da rifare. E ieri il Pm, Marilù Gattelli, ha rivisto la richiesta di condanna, modificandola in 5 mesi di reclusione, l’equivalente di una pena pecuniaria non inferiore a 11mila euro.

La giovane all’epoca dei fatti aveva 22 anni. Quella notte, come in una scena da film dell’orrore, il dito fu recuperato dalla grata, messo in un cestello del ghiaccio e le fu riattaccato a seguito di un delicato intervento al Policlinico di Modena. Parte civile con l’avvocato Stefania Martelli, la giovane ha rinnovato la richiesta di 60mila euro di danni. Il giudice onorario Tommaso Paone leggerà la sentenza a fine febbraio, a fronte di un reato prossimo alla prescrizione e nessuna azione civile fin qui attivata dalla parte offesa. Chiamata in causa come responsabile civile per quanto accaduto, la società che gestisce il Pineta al processo non si è costituita. Il Pm contesta all’imputato non solo il fatto che quei tavoli fossero utilizzati come cubi, senza alcun cartello di divieto, ma anche che "nessuno del personale abbia soccorso la ragazza, tutti fecero finta di niente".

La giovane, secondo la Procura, non avrebbe potuto prevedere di restare intrappolata con una mano. La stessa riferì di essere scesa dal cubo, c’era ressa e a causa di una spinta avrebbe infilato il mignolo nella grata, inizialmente senza accorgersi di nulla, né avvertire dolore, fino a quando gli amici la trovarono sanguinante. Il mignolo fu ritrovato nella grata a un’altezza di un metro e 93, secondo il legale della ragazza compatibile con l’altezza della stessa, che calzava scarpe rialzate e avrebbe tantato di appoggiarsia quel pannello prima di scendere. "Se quel tavolo era utilizzato come cubo – ha detto l’avvocato – il legale rappresentante aveva la responsabilità di scongiurare qualsiasi tipo di incidente. L’organizzazione preventiva sulla sicurezza era in capo a lui. Era abitudine dei ragazzi ballare sui quei tavoli e non vi era alcun cartello che lo proibisse".

Una versione contestata dalla difesa, con l’avvocato Massimo Martini, secondo cui l’amputazione non va ricondotta alla pericolosità della griglia, ma al fatto che scendendo da quel tavolo, con il dito rimasto incastrato in quella fessura non tagliente, il peso della ragazza protesa verso il basso ne avrebbe determinato il distacco. A seguito dell’intervento e di una prescrizione della Medicina del lavoro, quelle griglie furono coperte con pannelli in plexiglass. Proprio questa disposizione, alla quale il locale si attenne, porta l’avvocato Martini a ritenere che la contestazione della colpa specifica a carico del legale rappresentante sia stata fatta ’ex post’, cioè sulla base di una prescrizione richiesta non prima, ma in seguito al fatto contestato. "Quei tavoli e quelle griglie furono posizionati negli anni Novanta – ha osservato il legale –, lì sopra hanno ballato migliaia di ragazzi e ragazze e in trent’anni nessuno si è mai fatto male. Quanto accaduto non era prevedibile. Lo stesso ispettorato del lavoro ha confermato che quella griglia non era tagliente. Inoltre, una commissione di pubblico spettacolo fatta di 12 persone aveva certificato che il Pineta era un locale sicuro".

Lorenzo Priviato