ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Massacrato di botte dopo l’asta per la casa: “Sono svenuto nel sangue”

Il racconto del 75enne pestato davanti al tribunale: “Il dolore era insopportabile, perdevo sangue dagli occhi”

Il maresciallo Gabriella Madormo e Arnaldo Benetti

Il maresciallo Gabriella Madormo e Arnaldo Benetti

“Il dolore sovrastava ogni pensiero. Perdevo sangue dalla faccia, dagli occhi, dal resto”. Arnaldo Benetti, 75 anni, modenese, presidente del consiglio di amministrazione della Pa spa di Rubiera – che opera nel settore del lavaggio ad alta pressione –, ricorda i momenti drammatici vissuti un anno fa.

L’ingegnere fu pestato davanti al tribunale il 7 marzo, all’uscita da un’asta giudiziaria in cui aveva appena acquistato una casa intestata al 45enne Riccardo Pappacena: quest’ultimo e il fratello 43enne Domenico sono ora a processo per tentato omicidio.

Davanti al collegio dei giudici ieri sono stati sentiti tutti i testimoni citati dal pubblico ministero, oltreché da Benetti e dall’azienda di Rubiera, costituiti parte civile tramite l’avvocato Luca Pastorelli. I fratelli Pappacena, ora ai domiciliari con braccialetto elettronico in Campania, sono difesi dagli avvocati Edoardo Salsi (per Riccardo) e Jenny Loforese (per Domenico). Un vigilantes ha raccontato di averli sentiti confabulare tra loro: “Prima o poi dobbiamo dargli una coltellata”.

L’ingegnere ha poi spiegato che il suo interessamento allo stabile messo all’asta derivava dalla necessità di allargare la mensa aziendale. Il 7 marzo 2023 andò in tribunale con l’avvocato Giuseppe Seidenari, che aveva seguito le pratiche. “In aula ci sedemmo davanti all’emiciclo. C’erano anche i fratelli Pappacena: uno di loro fu invitato a uscire, perché era ammessa una sola persona per i falliti. Poi Pappacena disse: ‘Voglio sapere chi ha vinto’. Gli fu risposto che non poteva saperlo, ma che gli si poteva dire solo l’avvocato”.

Nel piazzale esterno al tribunale avvenne l’aggressione: “Io e l’avvocato andammo verso l’auto, quando arrivarono di corsa due ‘folletti’. Riccardo mi impedì di aprire la portiera: “Voglio vedere chi sei”. Ma io e il legale avevamo le mascherine; lui mi diede uno schiaffo, mi strappò la mascherina e mi disse: ‘Non puoi comprare la nostra casa: qui è morto mio padre e ci vive mia madre. I soldi te li do io’”.

L’ingegnere fu picchiato: “Riccardo mi sferrò due pugni. Caddi a terra svenuto, poi mi ripresi, ma lui mi dava calci. Mi girai sul fianco, mi misi le mani sugli occhi e sentii: ‘Cosa fate? Voi non potete: sono un maresciallo dei carabinieri’”.

Pure lei, Gabriella Madormo, in forza alla polizia giudiziaria della Procura, ieri è stata ascoltata: fu insultata e spintonata. Fuori dall’aula, lei e Benetti si sono stretti in un abbraccio colmo di emozione. L’ingegnere ha proseguito: "Ho preso altri calci e sono svenuto di nuovo. Mi sono ripreso solo quando il maresciallo Madormo mi ha terso la faccia con fazzoletto rinfrescato per fermare il sangue”.

Ha racconta gli sviluppi dei mesi seguenti: “C’era uno sfratto, ma io non lo sapevo. Poi con l’aiuto della forza pubblica, del tribunale fallimentare, del Comune e dell’avvocato, è stato fatto un buon lavoro prima di Natale. Si è proceduto allo sgombero senza acrimonie ed è già stata fatta la demolizione”.

A domanda del pm, Benetti puntualizza: “I Pappacena non mi hanno mai chiesto scusa".