
Il tecnico sulla panchina bianconera, dove ha vissuto stagioni ricche di soddisfazioni
Al chiostro di San Francesco la redazione di Ascoli festeggerà i 140 anni del Resto del Carlino, e a livello calcistico nessuno come Massimo Silva rappresenta meglio il territorio piceno. Ex calciatore ed ex allenatore dell’Ascoli e della Sambenedettese, è riuscito farsi voler bene da tutti. Ora è reduce da una straordinaria salvezza conquistata in Serie D con il Notaresco, l’ennesimo ’miracolo sportivo’ della sua carriera.
Mister Silva, è stata una delle sue imprese più importanti?
"Questa volta non faccio il modesto. Sono arrivato con la squadra con il morale a terra e una classifica deficitaria. Le vittorie ottenute subito hanno dato tanta forza, unite a grandi prestazioni. Voglio quindi darmi questo merito di essere riuscito a creare un grande gruppo, coeso, che ha lottato fino alla fine e che spero di ritrovare".
Una bellissima carriera da calciatore e tante soddisfazioni da allenatore?
"Ho iniziato nelle giovanili dell’Inter e alle superiori a Milano il mio compagno di banco, marchigiano, mi diceva sempre: ’Ma perché non vai alla Del Duca Ascoli? È la squadra più forte delle Marche e faresti bene’. E io gli dicevo: ma perché proprio ad Ascoli? E invece qui sono venuto dopo essermi fatto le ossa al Rovereto e alla Cremonese. Poi sono passato alla Lazio di Chinaglia per qualche mese e nel novembre del 1972 sono venuto ad Ascoli, dove è iniziata la mia carriera e la storia dei bianconeri con la prima promozione in Serie A e gli anni di Rozzi e Mazzone. Mi sono innamorato di un’ascolana e mi sono sposato dopo un paio di anni, rimanendo qui per sempre. Una bellissima storia professionale e personale. Qui la gente mi vuole bene, tifa per un mio ritorno in panchina e per me è una grande gratificazione".
Da Ascoli il passaggio al Milan è stato un grande salto?
"Sono entrato nel calcio di alta classifica. Esperienza fantastica: gol in Coppa Uefa, Coppa Italia, gol nel derby e la mia maglietta nel museo di San Siro. Pensate che Battista Faraotti, quando ha visto la mia maglia numero 9 nel Museo del Milan, mi ha subito chiamato".
Da ex Ascoli alla Sambenedettese invece è stata dura?
"Devo dire che non mi hanno fischiato molto. Era una bella squadra, con mister Sonetti giocavamo un calcio più moderno e assieme a Cagni e Caccia abbiamo fatto bene. Poi sono tornato anche come allenatore ma è stato più complicato perché non sono venuti i risultati e sono andato via".
Da allenatore dell’Ascoli invece tantissime gioie?
"Decisamente di più. La Serie A con Marco Giampaolo, la B da solo in cui ho lanciato Zaza e Papa Waigo, giocatori di altissimo livello. Certo la salvezza ottenuta da -14 è il ricordo che porterò dietro per tutta la vita".
Valerio Rosa