La castagna, simbolo della montagna: "Preservarla è la mia passione"

L’agro-faunista Giulio Sola spiega le qualità del frutto che ha nutrito generazioni: "Auguriamoci che i nostri nipoti possano mangiarlo..."

La castagna, simbolo della montagna: "Preservarla è la mia passione"

La castagna, simbolo della montagna: "Preservarla è la mia passione"

Tre colture hanno disegnato il paesaggio d’Italia. Due sono celebrate e valorizzate: l’olivo e la vite. Attorno alla terza, il castagno, soltanto negli ultimi anni hanno cominciato a riunirsi coltivatori e appassionati. Anzi, la ‘civiltà’. Castagne e marroni, infatti, hanno contribuito a sfamare generazioni di ’montanari’, grazie alle loro proprietà, ma hanno anche creato un vero e proprio ‘mondo’. Lungo l’intera dorsale appenninica, infatti, si sono sviluppate tradizioni, usi, strumenti agricoli e persino leggende dedicate a questi frutti. Senza dimenticare, ovviamente, i piatti tipici, dai dolci al pane. Castagne e marroni, peraltro, sono un alimento nutriente, ricco di carboidrati e salutare, grazie all’alto contenuto di fibre e all’apporto di proteine e sali minerali. A differenza di tantissimi frutti, poi, sono facilmente conservabili lontano dai frigoriferi, per quasi l’intero inverno. Nel territorio modenese, da più di vent’anni, studia, lavora e sperimenta di e con le castagne il dottor Giulio Sola, 52 anni, nativo di Vignola ma trapiantato nel paesino di Vesale, vicino Sestola. Si definisce un ’agro-faunista’, infatti si occupa di fauna selvatica per la Regione Emilia Romagna nel Settore Agricoltura, caccia e pesca delle province di Modena e Reggio Emilia; a casa, però, dedica il suo tempo a innestare, potare e (quando possibile) raccogliere marroni. Una passione che nasce da lontano e lo ha portato a curare, nel corso degli anni, oltre 100 ettari di castagneti da frutto in tutta Italia.

Come è nato l’amore per il castagno e la castanicoltura?

"La risposta è semplice: mi piacevano da mangiare. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di frutticoltori da cui è nato il mio amore per questo tipo di piante. In pianura, però, non c’erano castagne e quindi, appena mi è stato possibile, ho cominciato a seguire, studiare e coltivare questo particolare frutto, approfondendo anche a livello universitario".

Come si riconosce un marrone, nel bosco?

"In primo luogo vorrei ricordare che il castagneto non è un ‘bosco’ come quasi tutti lo definiscono oggi, ma un frutteto. Nei castagneti del passato il marrone era poco coltivato, le famiglie preferivano le castagne per la possibilità di ricavarne farina. Il panorama varietale del castagno è assai variopinto, sono tante infatti le cosiddette ‘cultivar’ che possiamo trovare sul territorio. Alcune molto piccole e scure, altre più grosse e chiare; spesso con una peluria vistosa in prossimità della torcia (ovvero la punta del frutto) e con una cicatrice ilare (il ‘fondo’ della castagna) più ampia del marrone. Il marrone, così sembrano affermare recenti studi, sarebbe riconducibile a una sola caratterizzazione genetica; solitamente è di grosse dimensioni, di colore marrone chiaro con striature nere e con la cicatrice ilare di piccole dimensioni e forma rettangolare. Per riconoscere un marrone, poi, se foglie e gemme possono essere confuse, l’infiorescenza maschile no. Nel marrone questa è caratterizzata da una bassa o nulla presenza di stami. Nelle castagne, soprattutto quelle selvatiche, il gattice presenta invece un abbondante presenza di stami. Quindi, potendo osservare una pianta da giugno a ottobre, anche una persona inesperta può riconoscere un marrone".

Come ci si prende cura di un ‘marroneto’?

"In modo analogo a un qualsiasi frutteto ossia prevedendo potature annuali; impostazione di una forma di allevamento delle piante e un sesto d’impianto razionale; concimazioni mirate all’età e alla produzione, con un occhio di riguardo se si vuole anche raccogliere un qualche fungo… L’irrigazione sarebbe indispensabile per una costanza produttiva ma purtroppo il nostro Appennino non ci permette, se non in rari casi, di predisporre impianti irrigui a causa della scarsità di acqua. Relativamente alla difesa fitosanitaria, i patogeni sono fortunatamente pochi, anche se particolarmente virulenti: cancro corticale, mal dell’inchiostro e marciume delle castagne per la parte relativa agli attacchi fungini, tre farfalle e un coleottero per quella degli insetti. La vespa cinese, grazie al Servizio Fitosanitario Regionale e ai tanti che si sono impegnati sul fronte della lotta a questo parassita, è ormai sotto controllo e non sembra destare particolari problemi. Ci tengo a rammentare che un problema non piccolo è dato dagli ungulati"

Qual è il modo migliore per conservare le castagne?

"I modi sono diversi; da quelli dei nostri nonni grazie alla curatura in acqua (o novena) per arrivare a quelli più sofisticati tramite l’atmosfera controllata. Personalmente preferisco lasciare i frutti che intendo mangiare per le feste natalizie su una rete all’aria sotto ad un portico. Si seccheranno un po’ ma si conservano benissimo; durante la cottura sto attento a lasciarle un po’ meno in padella per non bruciarle anche se sostengo che il modo più gustoso per mangiare i marroni sia bollirli".

Quale futuro può avere la coltivazione di questi frutti?

"Spero buono, anche se vedo all’orizzonte l’approssimarsi di un periodo cupo legato soprattutto all’aumento delle temperature estive. Terminerei con un augurio a tutti i castanicoltori appassionati, che i loro nipoti possano continuare a mangiare marroni e castagne e a divertirsi con le storie e leggende".

Matteo Giannacco