MARIA SILVIA CABRI
Eventi e fiere

"Mia madre mi ha fatto amare il cinema. Donne capaci ma parità di genere lontana"

Leone d’Oro alla Carriera alla regista Liliana Cavani: "Sono la prima nella storia a ricevere questo premio, deve fare riflettere" .

Ha portato Carpi, la sua città natale, sul tappeto rosso. Liliana Cavani, regista e sceneggiatrice, 90 anni, è stata osannata a fine agosto nell’ambito della 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, con il riconoscimento del Leone d’Oro alla Carriera.

La prima donna regista a ricevere l’ambito premio: giacca bianca e pantalone nero, austera ma emozionata, la Cavani ribadisce la sua indole speciale di regista che preferisce creare domande anziché dare risposte, lei che si autodefinisce semplicemente con un avverbio: ‘fuori’. Un ‘fuori’ nel quale è racchiuso un universo di pensieri, giudizi schietti e ben motivati, ma anche ricordi molto nitidi di quella che chiama, con orgoglio di donna, "la mia Carpi".

Leone d’Oro alla Carriera, un importante premio: come ha vissuto quel momento?

"Sicuramente sono riconoscimenti che fanno piacere. Inoltre non me lo aspettavo proprio, neanche ci pensavo".

Ha alle spalle 60 anni di attività come regista e sceneggiatrice, ha prodotto dei film considerati delle vere e proprie pietre miliari del cinema italiano ed europeo: in che senso non si aspettava tale riconoscimento?

"Su 80 premiati con il Leone d’Oro alla Carriera nel corso della storia della Mostra del Cinema di Venezia, qualche donna in più ci poteva stare non crede? Penso di essere la prima o la seconda al massimo. Questo deve fare pensare".

A chi ha dedicato il premio? "Sinceramente non mi è venuto in mente nessuno: l’hanno dedicato gli altri a me. Sicuramente però posso dire che se la mia mamma fosse stata ancora in vita sarebbe stato più bello, perché lei sarebbe stata molto contenta. Mia madre era appassionata del cinema: avevo quattro anni quando mi portava con lei a vedere nelle sale cinematografiche di Carpi, i film del momento, al primo spettacolo delle 15 della domenica pomeriggio. Ricordo i film di Bergman e ‘L’oro di Napoli’ di Vittorio De Sica. Se mi chiedessero di salvare un solo film, io salverei quel capolavoro eterno".

Dunque il cinema era nel suo Dna…

"Più che nel mio, in quello di mia madre! Le piacevano tanto i film d’amore; io ho il ricordo di qualche immagine, avevo solo quattrocinque anni, però seguivo in qualche modo la trama. Era un momento nostro: andavamo da sole io e mamma. A casa diceva che mi portava al parco, in realtà andavamo al cinema e, solo dopo il film, ai giardini. Erano tempi diversi, ma mamma aveva ragione, non c’era nulla di male!".

Lei ha scelto di portare il cognome di sua madre ed è vissuta in una grande famiglia con zie e nonne. Ha influito questo sul suo percorso?

"Una famiglia ‘al femminile’, retta da una grande donna molto in gamba, la mia nonna Maria. Ovviamente c’erano anche il nonno e lo zio, ma questa forte presenza femminile mi ha fin da piccola trasmesso il senso del rispetto per le donne che sanno affrontare i problemi, gestire la famiglia, il lavoro, il guadagno. Sotto questo punto di vista le donne di Carpi sono per me un esempio eccezionale: mentre i mariti erano in guerra, le magliaie carpigiane hanno dato vita all’industria. Le donne di questa città sono sempre state bravissime, intelligenti, capaci di gestire più problemi contemporaneamente. Le femmine sono capaci: però, nei ruoli di alto livello, ci sono gli uomini".

Perché secondo lei?

"E’ quasi banale, per molti anni è stata una situazione generale. E’ pazzesco pensare che solo nella seconda metà degli anni Quaranta è stato riconosciuto alle donne il diritto di voto: non erano considerate come cittadine normali, capaci di distinguere cosa votare. Venivamo da un mondo più vicino al Medioevo che al futuro".

Come valuta oggi la situazione?

"Le cose paiono andare un po’ meglio, le donne studiano, si laureano in percentuale superiore agli uomini, ma tutto avviene con troppa lentezza. Siamo ancora molto lontani dalla parità di genere. Basta leggere le pagine di economia: nei consigli di amministrazione la media è di 3 donne e 22 uomini. Alle donne, oggi, manca solo una cosa per fare carriera: non la preparazione, che hanno, ma la mentalità dei giochi di potere".

Lei è riuscita a essere donna in un mondo di uomini: che consiglio darebbe alle giovani di oggi?

"Di fare ciò che piace a livello lavorativo. Poi con il tempo le cose si aggiustano. Spesso le donne, pur emancipate, si sono concentrate solo sulla professione ‘materiale’ senza ambire alle alte cariche, invece occorre fare lega, comunità. Ma ci vuole tempo".

Parlando di tempo…alla mostra di Venezia, fuori concorso, è stato presentato il suo ultimo film, ‘L’ordine del tempo’, scritto con Paolo Costella e liberamente ispirato al saggio filosofico del fisico Carlo Rovelli. Cosa l’ha colpita del libro al punto da farne un film? "A chi non interessa il tempo? Siamo sempre con gli occhi sull’orologio, siamo inseguiti dal tempo. Il tempo è una sfida, che va vissuta con la consapevolezza di non poterlo mai, in nessun modo, controllare".

Il tempo come ‘nemico’?

"Assolutamente no. Sta a noi riuscire ad attribuire al passare del tempo qualcosa di bello. Il tempo di per sé non c’entra nulla". E lei cosa fa nel suo tempo? "Sto lavorando al nuovo film che voglio fare".