Caro direttore,
il 24 maggio scorso Bob Dylan ha compiuto 70 anni e anche ‘L’Osservatore Romano’, ha messo in evidenza tale circostanza. Da parte mia approfitto ancora della Sua cordiale ospitalità per mettere meglio a fuoco il senso della presenza dell’artista all’evento che alla fine del XX secolo ha lasciato una traccia indelebile nella Chiesa e nella Città di Bologna, il XXIII Congresso Eucaristico Nazionale del 1997. Ne è preziosa testimonianza anche un supplemento speciale de ‘il Resto del Carlino’, pubblicato per l’occasione.
Da più parti è stata ricordata la sua esibizione a Bologna, il 27 settembre 1997, una partecipazione che ha fatto parlare di sé, perché ‘il profeta della protesta giovanile’ fu invitato a cantare davanti a Giovanni Paolo II, assieme a Bocelli, Celentano, Dalla, Morandi e tanti altri. Anche il Cardinale Ravasi, qualche settimana fa, ha definito l’invito a Dylan «una scelta coraggiosa del Cardinale Biffi».

Come è noto l’Arcivescovo emerito di Bologna non è un paladino della ‘discontinuità’ e tanto meno della ‘svolta antropologica’, ma un teologo vero che sa trarre le giuste conseguenze pastorali, anche inedite, dalla verità di sempre. Ora, un Congresso Eucaristico ha una doppia prospettiva: è un ‘evento’ che aiuta la Chiesa a riscoprire nell’Eucarestia il codice genetico della sua identità e l’inesauribile sorgente delle sue potenzialità, che la pone di fronte al mondo come sacramento di «salvezza sociale» integrale, perciò come ‘occasione’ da non perdere. Ora, il Congresso Eucaristico Nazionale di Bologna ha voluto porsi nella prospettiva della nuova evangelizzazione, orientata anche verso il mondo che vive «oltre la cortina di incenso». Pertanto, di fronte alla crescente conflittualità generazionale, ha posto in campo un’icona musicale capace di creare dialogo tra le generazioni, nell’ottica della pre-evangelizzazione.

Oggi si direbbe del ‘cortile dei gentili’. L’intento è stato quello di rimettere in circolazione risorse spirituali idonee a debellare i crescenti conflitti generazionali e di ricostruire la mappa dei referenti sicuri per riorganizzare la speranza nel mondo giovanile, riproponendo senza reticenze, come ha fatto il Papa, la figura di Cristo, come ‘prototipo’ di ogni condizione umana ‘riuscita’ e lo Spirito Santo come risposta alle grandi domande che soffiavano nel vento delle canzoni di Bob Dylan. Quando ho visto gli occhi lucidi di questa rock star, curva davanti al Papa, con il cappello in mano, ho pensato che, forse, il rischio della ‘sfida’ non è stato vano. Oggi, di fronte alla Chiesa, che rilancia la ‘nuova evangelizzazione’ e cerca di interpretare le istanze del mondo non credente (‘cortile dei gentili’), l’invito a Bob Dylan da parte del Cardinale Biffi si è rivelato come iniziativa lungimirante e — suo malgrado — profetica. lo conferma anche ‘L’Osservatore Romano’ che sottolinea non solo la sua conversione al cristianesimo, ma anche «l’aristocratico distacco di Dylan dalle platee del rock fine a se stesso», come «invito, sarcastico e sornione, a usare la testa», per vincere la lotta contro il vuoto dilagante.