Nigeriano morto a Fermo, la salma di Emmanuel rimpatriata in Nigeria

Mercoledì 5 luglio, a un anno dall’omicidio, 100 associazioni si sono date appuntamento per una grande manifestazione

Emmanuel e Chimiary (foto Zeppilli)

Emmanuel e Chimiary (foto Zeppilli)

Fermo 4 luglio 2017 - Mercoledì cento associazioni si sono date appuntamento a Fermo per una grande manifestazione in memoria di Emmanuel Chidi Nnamdi, il richiedente asilo nigeriano ospite della Caritas morto il 5 luglio 2016 in una colluttazione ingaggiata con l’ultrà Amedeo Mancini, che aveva detto «scimmia» alla moglie Chinyere, ma proprio oggi la salma di Emmanuel ha lasciato Fermo «per il suo ultimo viaggio verso la sua terra natale, la Nigeria». Lo annuncia il difensore di Chinyere, l’avvocatessa Letizia Astorri.

«Questo era il desiderio di Emmanuel, che sua moglie ha voluto rispettare e onorare fino alla fine». Chinyere, spiega l’avvocatessa Astorri, «non vuole rilasciare dichiarazioni, né unirsi ai cortei, essendo molto amareggiata perché tante, troppe voci hanno tentato di offuscare la sua immagine e quella del suo uomo. Vuole tuttavia, precisare, mio tramite, che per mesi si è raccontata un’altra verità dei fatti, rappresentando un Emmanuel aggressivo, violento e pericoloso, arrivando addirittura a farlo appartenere alla mafia nigeriana, tentando di far dimenticare, così che è morto solo per difenderla». Il procedimento penale aperto presso la procura di Fermo per il presunto reato di associazione per delinquere di stampo mafioso «si è concluso il 13 marzo 2017 con un’ovvia archiviazione», anche se, nota il legale, «solo un effettivo processo penale avrebbe chiarito le giuste posizioni delle parti coinvolte e portato alla luce la verità dei fatti, senza tante campagne mediatiche e politiche». «Ma questo ormai appartiene al passato e le sentenze, anche quelle di patteggiamento, si rispettano sempre» conclude.

Il riferimento è alla sentenza con cui Mancini, tifoso della Fermana con simpatie di estrema destra, accusato di omicidio preterintenzionale, ha patteggiato una condanna a 4 anni davanti al gip. Chyniere aveva rinunciato a ogni azione risarcitoria nei suoi confronti, salvo i 5mila euro necessari per il rimpatrio della salma del marito. I due giovani nigeriani erano stati accolti nell’ex seminario arcivescovile dalla Caritas in Veritate, presieduta da monsignor Vinicio Albanesi. La lite con Mancini scoppiò per strada: il fermano colpì con un pugno al volto Emmanuel, che cadde a terra battendo la testa, senza poi mai riprendersi dal coma. La vicenda scatenò polemiche incrociate fra chi denunciava un clima «razzista e xenofobo» ormai pervasivo in tutta la società, e chi sosteneva che Mancini era solo un «povero sbandato». Un caso nazionale, tanto che al funerale di Emmanuel parteciparono anche la presidente della Camera Laura Boldrini e la ministra Boschi. Intanto, per il 28 novembre prossimo è atteso il verdetto della Cassazione sull’aggravante razziale contestata all’ultrà «nonostante la riconosciuta attenuante della provocazione» ricordano i difensori di Mancini, gli avv. Francesco De Minicis e Savino Piattoni.