Modena, 30 giugno 2010. Con il denaro che arrivava loro, a Modena, dagli affari malavitosi del clan della ‘ndrangheta degli Arena (di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone), facevano investimenti e creavano società, anche fittizie, di cui poi ‘gonfiavano’ il fatturato con giri di false fatture e frodi carosello.

E’ questa l’ipotesi d’accusa che questa mattina ha portato all’arresto di sei persone, tutte originarie di Crotone, cinque delle quali residenti in provincia di Modena, tra Fiorano e Maranello. Si tratta di Paolo Pelaggi (a capo dell’organizzazione) e dei suoi due fratelli Davide ed Emanuele, di Fiore Gentile e Giuseppe Manica. Il sesto, Tommaso Gentile, è già detenuto a Crotone dal 2009 per reati di associazione mafiosa. Una settima persona, un commercialista svizzero di Lugano, è tuttora ricercato. Per gli inquirenti, Paolo Pelaggi è responsabile dell’attentato dinamitardo compiuto ai danni dell’Agenzia delle entrate di Sassuolo nel 2006 (da cui presero il via le indagini): una forma di ritorsione, hanno ricostruito gli inquirenti, contro la verifica fiscale che aveva scoperto un’evasione da 90 milioni di euro da parte della ditta ‘Point One’ di Pelaggi (oggi fallita).

Gli arresti sono stati ordinati dal gip Marinella De Simone, al termine di una complessa indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e sviluppata dai Carabinieri di Modena e dal Gico della Guardia di finanza di Bologna. Oltre agli arresti, il gip ha ordinato anche una serie di sequestri di beni, chiesti con l’obiettivo di aggredire il patrimonio della cosca. sempre
oggi, gli uomini del Gico sono al lavoro per sequestrare cinque immobili (tra cui due ville con piscina dei fratelli Pelaggi), un terreno, cinque auto, 10 quote societarie, 22 polizze assicurative e 43 rapporti bancari.

Secondo quanto ricostruito dall’indagine della Dda, quella organizzata dai sei affiliati alla cosca degli Arena operanti nel modenese era un’articolata attivita’ di emissione e utilizzo di fatture false e di riciclaggio di denaro- proveniente dalla cosca Arena e frutto anche di estorsioni- che poi veniva reimpiegato in attivita’ economiche. E’ proprio la riutilizzazione del denaro quella su cui hanno puntato gli inquirenti, che infatti accusano i sei arrestati questa mattina di reimpiego di denaro di provenienza illecita (articolo 648 ter), con l’aggravante del favoreggiamento dell’associazione mafiosa. Il denaro, stando alle ricostruzioni di Carabinieri e Gdf, veniva affidato dalla cosca a Paolo Pelaggi, affiancato nella gestione del sistema da Fiore Gentile (figlio di Francesco, boss di spicco degli Arena arrestato l’anno scorso).

Era Pelaggi a utilizzare il denaro tramite le sue due società (la Point one e la Elite trading): entrambe emettevano giri di fatture false per gonfiare il proprio fatturato, con il ricorso a società cartiere (fantasma) grazie alle quali riuscivano a evadere la tassazione Iva e a ricavare fino al 6-7% del fatturato. Con la complicità del commercialista svizzero (ancora ricercato e ritenuto fondamentale per il suo apporto nell’attivita’ illecita), che aveva un ruolo chiave nella gestione degli ‘affari’ societari, Pelaggi riusciva anche a servirsi di società straniere (con sedi in paradisi fiscali) dove il suo nome non compariva mai, cosa che ha reso particolarmente difficili le indagini della Finanza. Tra l’altro, sottolineano gli inquirenti, rispetto ad altre societa’ che mettono a segno frodi carosello, Pelaggi e gli altri avevano avuto l’accortezza di inscenare finte spedizioni della merce.

In pratica, le società di Pelaggi (sulla carta attive in materiale informatico) non si limitavano a emettere false fatture, ma mandavano anche in giro scatoloni di merce: invece che contenere sofisticate schede da computer, pero’, dentro c’era solo ferraglia (l’hanno trovata i Carabinieri durante una perquisizione). Questo permetteva loro di avere le bolle degli spedizionieri, un documento che mette al riparo, almeno in prima battuta, dal sospetto di frodi fiscali. Gli inquirenti pero’ sono andati a fondo e hanno scoperto il sistema truffaldino. Tra le vittime dell’attivita’ criminosa, oltre alle casse del Fisco (l’Agenzia delle entrate di Sassuolo, colpita dall’attentato dinamitardo del 2006, aveva accertato un’evasione fiscale per 90 milioni di euro negli anni 2002-2005), ci sono anche tantissimi istituti di credito, che affidarono o prestarono denaro a Pelaggi sulla base di false fatture e di un fatturato irreale: ora sono nella lista dei creditori che si sono gia’ fatti avanti nella procedura di fallimento. Per questa vicenda, Pelaggi e’ indagato per bancarotta fraudolenta.

Infine, alcuni degli arrestati sono accusati anche di tentata estorsione. Paolo Pelaggi, i due fratelli Fiore e Manica avrebbero fatto pressioni e minacciato l’amministatore di una ditta del modenese (che aveva partecipato alle frodi fiscali ma che voleva sganciarsi dal ‘giro’ tenendosi 80.000 euro): lo avrebbero pedinato e aspettato sotto casa, inseguito in auto e minacciato di morte (lui e la moglie). Oggi sono state poste sotto sequestro preventivo due ville dei fratelli Pelaggi (a Serra Mazzoni e a Maranello), altri cinque immobili, sette societa’, auto, quote societarie e polizze assicurative: il valore complessivo ‘bloccato’ e’ otto milioni di euro. Perquisizioni anche a Parma, Reggio Emilia, Lugano e Crotone.