
Il cantante anconetano torna a esibirsi nella sua città per aprire il concerto di Emma Nolde al Festival Spilla
Baltimora, cantautore anconetano vincitore di X Factor 2021, torna a suonare nella sua città. Aprirà il concerto di Emma Nolde, in programma domani, all’Anfiteatro romano, per la chiusura della diciassettesima edizione del festival Spilla (in collaborazione con AMAT, inizio ore 21, biglietti su www.vivaticket.it).
Cosa è successo in questi quattro anni al "trovatore dorico", come la ribattezzammo al tempo del successo televisivo? "Sono successe un sacco di cose: ho fatto un tour, con show anche sold out; è uscito l’ep ’Mare città’; ho fatto l’autore e il produttore a Milano per tre anni e da poco mi sono trasferito ad Ancona, per lavorare al nuovo disco".
Cosa direbbe, ricordando la sua vita milanese, al sindaco Sala, ora che è nell’occhio del ciclone per la questione abitativa? "Credo non sia scioccante per nessuno sentire che Milano è proibitiva. La qualità della vita per chi ha uno stipedio medio è bassa; è una città un po’ difficile: tutto costa troppo. Non voglio denigrare Milano, però, perché sicuramente lì si imparano le dinamiche del mercato musicale, ci si rende conto di tante cose".
Per esempio? "Per esempio che la musica è un business come un altro, quindi ha delle dinamiche da business. Credo che Milano sia la città migliore per insegnartelo".
Questo cosa comporta per un musicista? "Niente di particolare, niente di diverso da ciò che ti aspetteresti. Essendo un lavoro come un altro, nella musica è importante essere attenti, precisi, non essere troppo con la testa tra le nuvole. Come ogni business c’è modo e modo di intraprenderlo. Dipende dal campionato in cui vuoi giocare".
E lei in che campionato vuole giocare? "Bisogna fare esperienza in tutti i campionati, scalarli come il calcio, piano piano."
Ma lei è partito dalla serie A... "Dall’eccellenza, se così vogliono esprimerci, in effetti sono passato all’improvviso alla serie A. Poi mi sono reso conto che il gradino ero troppo alto, quindi ho sentito l’esigenza di ripartire. Per fare un certo tipo di esperienze, bisogna rapportarsi con un certo tipo di grandezze. Sotto i fuochi d’artificio è difficile allenarsi. Non è tanto questione di non sentirsi all’altezza ma di costruire dal basso delle fondamenta solide. Per sperimentare avevo bisogno di lavorare con una minore pressione. Avevo un desiderio represso di scoperta. A Milano mi sentivo stigmatizzato, molto incasellato: era difficile uscire dal microscopico mondo artistico in cui ero stato messo".
Per questo è tornato ad Ancona? "Da autore e produttore già lavoravo molto da casa, ma mi mancavano le condizioni che avevo lasciato nella mia città e che ho ritrovato. Sono sempre stato molto legato ad Ancona, mi è mancata dal punto di vista dello stimolo artistico. La serenità che trovo qui mi aiuta a fare musica in maniera più sincera".