"Cinghiate alla ex moglie": condannato a 2 anni

Schiaffi e sputi in faccia, gridandole "sei vecchia e grassona". Sulla violenza sessuale lui ha negato. Dovrà anche risarcirla con 8mila euro

"Cinghiate alla ex moglie": condannato a 2 anni

"Cinghiate alla ex moglie": condannato a 2 anni

di Marina Verdenelli

Per la ex moglie lui l’avrebbe maltrattata pesantemente, arrivando anche a violentarla. Per l’uomo la vicenda sarebbe stata amplificata dalla donna su condotte per lui mai avvenute. Il collegio penale del tribunale dorico ieri ha dato ragione alla ex moglie condannando l’imputato, un 53enne jesino, imprenditore, a due anni per il reato di violenza sessuale e lesioni aggravate. Dovrà risarcire la ex consorte anche di 8mila euro come danno morale. L’uomo era accusato di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale ma la giudice Francesca Grassi, che presiedeva il collegio, ha derubricato il primo reato in lesioni aggravate. Le motivazioni usciranno tra 90 giorni.

Stando alle accuse che hanno incardinato il processo, l’imprenditore avrebbe avuto condotte aggressive dal 2015 al 2019. Durante banali discussioni che avvenivano in casa con la moglie, una donna di 52 anni, della Vallesina, parte civile con l’avvocato Paola Montecchiani, lui l’avrebbe picchiata e umiliata. Nell’aggredirla fisicamente l’avrebbe anche frustata con la cinghia dei pantaloni. Un giorno le avrebbe tirato addosso anche una sedia. Poi erano schiaffi, calci e persino sputi in faccia gridandole frasi quali "sei una grassona, sei vecchia, guarda quanto sei brutta". In alcune occasioni avrebbero assistito anche i due figli minorenni. Ad aprile del 2019, poco prima che si decidesse a denunciare ilo marito, lui avrebbe anche abusato di lei. Tra loro la relazione stava finendo e l’uomo avrebbe frequentato anche un’altra donna quando in ufficio l’avrebbe avvicinata tentando di baciarla e infilandole le mani dentro i pantaloni costringendola a subire atti di natura sessuale. Sul particolare della violenza sessuale l’imputato, difeso nel processo dagli avvocati Corrado Viazzo e Stefano Gerunda, in aula aveva raccontato in una udienza del maggio scorso, quando è stato sentito, che la moglie non l’aveva nemmeno sfiorata. "Quel giorno ero in ufficio per parlare con mia figlia – aveva detto il 53enne – ma arrivata lei e si è intromessa iniziando a gridare. Mia figlia se ne è andata. Lei ha aperto le finestre gridando aiuto ma io non le stavo facendo nulla". La difesa aveva portato come testimoni anche due periti a cui erano stati fatti analizzare i certificati di pronto soccorso, quattro accessi, rilevando però che non erano compatibili con le accuse sollevate e nemmeno da frustate di cintura perché riguardavano "morsi di un cane, un incidente stradale e una caduta accidentale".