
Donne, paghe più basse degli uomini. L’esempio del calcio professionistico
Con l’espressione inglese gender pay gap si intende la differenza media che sussiste tra i salari lordi percepiti dagli uomini e quelli percepiti dalle donne. A parità di disciplina e livello le donne vengono pagate meno. Nel calcio femminile spesso questa discriminazione viene giustificata da un minore livello di visibilità e interesse suscitato dal campionato. Va riconosciuto un certo divario di notorietà, il quale, però, con un attento esame dei numeri, rivela una differenza sproporzionata di trattamento sul piano economico. Negli Stati Uniti la battaglia dell’equal pay è particolarmente sentita, tanto che il caso è finito in tribunale. Nel 2019 infatti 28 giocatrici della nazionale hanno fatto causa alla US Soccer Federation chiedendo un trattamento economico alla pari: le calciatrici vengono pagate 89 centesimi per ogni dollaro guadagnato dai loro colleghi maschi. Questo nonostante i grandi risultati ottenuti dalla nazionale femminile, che ha conquistato quattro titoli mondiali e altrettante medaglie olimpiche. Sebbene il tribunale distrettuale non abbia accolto le richieste delle calciatrici, la causa ha acceso i riflettori su questa situazione complessa. Il luglio 2023 ha segnato il riconoscimento ufficiale, da parte della normativa italiana, dell’attività di calciatrice come professione a tutti gli effetti, eppure le donne che giocano in Serie A sono vittime di un grave svantaggio, con storture paradossali. L’indagine mette in evidenza anche confronti tra professioni del mondo del calcio, consentendo di comprendere ancora meglio la penalizzazione della condizione femminile.
Un giocatore di Serie C, in media, guadagna 2.500 euro, il doppio di una giocatrice di Serie A. Cosa fare, allora? Secondo un documento dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), è fondamentale insistere affinché le organizzazioni sportive migliorino l’equilibrio di genere nei consigli e nei comitati esecutivi, nonché nella gestione e negli staff tecnici. Anche gli Stati sono chiamati a fare la loro parte. L’obiettivo? Eliminare norme e regolamenti che ostacolano la carriera sportiva delle donne. Andrebbe quindi valutato l’avvio di un processo che assegni alle donne il dovuto rispetto, a partire dal riconoscimento economico alle calciatrici per la loro professionalità.
Markic Nicole IIID