CLAUDIO DESIDERI
Cronaca

Ecco "El Vernaculo de Nazarè". Così Ancona è diventata poesia

Per la rubrica Ex Libris il volume di liriche e racconti dell’autore dialettale. Ernesto Marini .

Ecco "El Vernaculo de Nazarè". Così Ancona è diventata poesia

Ecco "El Vernaculo de Nazarè". Così Ancona è diventata poesia

Il vernacolo è un linguaggio caratteristico di un luogo. È il risultato di secoli di storia, di incontri tra diverse culture che ad Ancona, grazie al porto, si sono intrecciate e mescolate divenendo un segno identitario degli usi e delle abitudini della città. È un linguaggio molto caro alla comunità, che nel tempo ha coniato con le sue parole modi di dire e proverbi, espresso sentimenti e situazioni, composto poesie e commedie. È un linguaggio che più di altri riesce a fare comprendere e fare entrare nel cuore delle persone i sentimenti più veri anche solo con una parola che può essere capace di esprimere un’intera frase. Nessun vocabolo italiano può avere una forza così dirompente di sintesi. Tra gli esponenti più noti della poesia vernacolare anconetana c’è Ernesto Marini, conosciuto da tutti con il nome di Nazarè, che nel corso della sua vita ha pubblicato ben sette libri di poesie e racconti. Tra questi, c’è "El Vernaculo de Nazarè. Cose, fati e gente de na volta", edito nel 1980 dalla Libreria Fagnani Editore. Una raccolta di poesie e racconti che chi ama Ancona dovrebbe leggere, perché nelle sue pagine potrà incontrare la storia, le tradizioni, i personaggi tipici, le ricette, gli usi e i costumi, molti dei quali andati completamente perduti. In poche parole, se veramente vuoi conoscere il luogo dove vivi e perché oggi è così, dovresti leggere queste poesie. Nel libro Marini dedica la prima poesia alla sua cara città, un’ode d’amore che si conclude con questa rima: "A qui so sudisfato e me cunzolo, Ancona è madre e io me sent’un fiolo". Poi scrive per ogni quartiere una poesia, da Porta Pia a San Pietro, da Capodimonte alle Grazie, dal Pinocchio alla Palombella. Ancona è poi illustrata nei versi dedicati ai suoi personaggi, quelli allora più popolari come El zor Pietro, infermiere della Croce Rossa, o la Mureta, che girava al porto vendendo la pizza, Bumbolò, pasticcere che vendeva i suoi dolci per strada. Vi sono poi poesie che raccontano storie e tradizioni andate perdute in città, come "la Venuta", i falò che un tempo si accendevano in tutte le piazze di Ancona il 9 dicembre per ricordare il passaggio della Santa Casa di Loreto. I giochi dei bambini come "la sbiagiarela" e "El cariolo", i piatti tipici dal "Cunilo e rusatelo" allo "Stuccafisso cu’ le patatine" alla "Sinfonia d’ì bumbeti". In coda al libro un glossario dei vocaboli vernacolari. Marini non dimentica niente possa aver riguardato Ancona. Le sue rime e i suoi racconti riescono a fare rivivere l’atmosfera particolare e unica della città. Un libro che dovrebbe essere letto soprattutto da chi vuole veramente conoscerla, nella sua anima.