ANDREA MASSARO
Cronaca

Falsi attestati di ospitalità per regolarizzare immigrati. Indagato anche un avvocato

Dieci le perqusizioni della squadra mobile tra Ancona e Milano: scoperto un giro di mazzette pagato da bengalesi per ottenere il permesso di soggiorno.

Persone in coda davanti alla questura di Ancona: l’ufficio immigrazione è uno degli uffici più frequentati

Persone in coda davanti alla questura di Ancona: l’ufficio immigrazione è uno degli uffici più frequentati

Meccanismo semplice: io do una cosa te, tu ne dai una a me. Do ut des. "Se mi dai 5-600 euro, io ti faccio avere la residenza per fare la domanda di protezione internazionale".

Un giochino sulla pelle degli stranieri irregolari, che pur di entrare e stabilirsi in Italia farebbero qualsiasi cosa. Anche pagare una mazzetta a persone che non hanno mai visto né sentito prima. Una sorta di "stranieropoli" quella partita da Ancona e scoperchiata dagli investigatori della squadra mobile dorica. Coordinati dal sostituto procuratore Irene Bilotta, i poliziotti hanno eseguito una decina di perquisizioni nei confronti di altrettante persone che risultano indagate per favoreggiamento della permanenza dello straniero irregolare in territorio nazionale. Tra gli indagati spicca anche la figura di un avvocato di 45 anni del Foro di Ancona.

Due le perquisizioni subite dal legale: una nel suo studio in centro, l’altra nella sua abitazione, in una cittadina della provincia di Macerata. Gli uomini della Mobile avrebbero trovato riscontri d’indagine importanti. In particolar modo un foglio riportante una serie di cifre che, si vedrà in seguito, corrisponderebbero alle mazzette pagate dagli stranieri per poter aspirare a una regolamentazione della loro posizione. Quella dell’avvocato è una figura chiave dell’inchiesta. Sarebbe stato infatti lui il collettore delle richieste: gli stranieri si rivolgevano a lui per poter "regolarizzare la pratica.

A mangiare la foglia è stato un funzionario dell’ufficio immigrazione della questura di Ancona. Nell’esercizio delle sue funzioni si è accorto che la dichiarazione di ospitalità di un cittadino bengalese ad Ancona risultava un po’ strana. L’ufficio ha approfondito e gli investigatori della Mobile hanno effettivamente scoperto che la residenza fornita nella documentazione era solo fittizia: a casa del bengalese l’ospite non c’era mai stato. Dunque la dichiarazione di ospitalità dello straniero era falsa. A quel punto gli uffici della questura hanno iniziato ad approfondire, insospettiti anche dal continuo via via di stranieri provenienti un po’ da ogni parte d’Italia alla Questura di Ancona. Tutti con la stessa richiesta: dichiarazione di ospitalità. Che si è poi puntualmente rivelata falsa: a casa non avevano nessun ospite. A che pro? Per aprire agli stranieri le porte della domanda di protezione internazionale che prelude, se la pratica va a buon fine, al rilascio temporaneo di un permesso di soggiorno. La chiave di tutto. Secondo gli inquirenti, l’avvocato si sarebbe prestato a "certificare" queste posizioni, preparando la documentazione (falsa) e accompagnando gli stessi stranieri in questura. Questo dietro il pagamento di cifre che andavano dai 500 a 700 euro ciascuno. Ma il vero deus ex machina dell’operazione sarbbe stata una tunisina, compagna di uno uomo residente in provincia di Ancona. Sarebbe stata lei, stando alle indagini, a reclutare gli stranieri compiacenti, ovvero quelli che avrebbero dovuto attestare falsamente che Tizio, Caio e Sempronio abitavano ad Ancona e provincia. La tunisina e il compagno sono stati perquisiti dalla squadra mobile di Milano in un’abitazione del capoluogo lombardo giovedì scorso. Contestualmente ad Ancona i colleghi della Mobile perquisivano l’avvocato e altri stranieri che si sarebbero prestati alle false attestazioni. All’interno di una cassaforte nell’appartamento di Milano, la polizia ha trovato circa 80mila euro in contanti, suddivisi in fascette recanti la dicitura "Osp" (si pensa si riferisca a ospitalità). Le somme corrisponderebbero alle cifre annotate nel documento sequestrato all’avvocato anconetano. Un documento cartaceo simile è stato trovato anche nelle disponibilità della tunisina che a Milano si spacciava per avvocato. L’indagine è stata chiusa la scorsa settimana dopo mesi di accertamenti scattati ad aprile. Sono stati sequestrati anche i telefoni di tutti gli indagati e congelati i loro cloud. Il legale è stato perquisito alla presenza del presidente dell’Ordine degli avvocati di Ancona, così come prevede il codice di procedura penale. Le indagini non sono concluse e non si escludono altri, importanti, colpi di scena.