Mercatone Uno, marito e moglie: "Senza lavoro e inseguiti da clienti infuriati"

Laura e il marito hanno perso il posto: "Ci suonano a casa"

La protesta continua anche per lo stabilimento di Monsano

La protesta continua anche per lo stabilimento di Monsano

Monsano (Ancona), 30 maggio 2019 - "Oltre al danno anche la beffa: abbiamo perso dall’oggi al domani il nostro posto di lavoro, nel mio caso sia io che mio marito e ci ritroviamo con i clienti che ci suonano a casa e ci chiamano al telefono per avere indietro o comunque sapere che fine faranno gli acconti dei mobili ordinati e mai consegnati».

A parlare è Laura Amici, 42 anni di Monte San Vito, caposettore mobili del Mercatone Uno di Monsano. Madre di una ragazza di 12 anni sabato mattina accendendo il telefonino ha scoperto, assieme al marito, di non avere più un posto di lavoro.

Eppure il 14 maggio appena dieci giorni prima, il nuovo proprietario (da agosto scorso) Valdero Rigoni della Shernon holding, controllata da una società con sede a Malta, ha rassicurato per l’ultima volta i 34 dipendenti di Monsano. Sotto c’era una voragine che in sei mesi è arrivata a 80 milioni di euro, fino a lasciare a casa, da un giorno all’altro 1.860 lavoratori.

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Eppure lui Rigoni il 14 maggio ha scritto a Laura (e, cambiando l’incipit, a tutti i dipendenti dei 55 punti vendita d’Italia): «Cara Laura, ti comunico che sono consapevole che è da un po’ che non ti scrivo e comprendo che questo possa aver fatto crescere in te perplessità e preoccupazioni. Sto lavorando incessantemente 7 giorni su 7 per portare a termine la ricapitalizzazione che potrà garantire un futuro e un lavoro stabile a noi tutti. Desidero ridare dignità e futuro a questo brand a questa azienda e alle persone che vi lavorano». E poi la chiusura che oggi a Laura, realizzato che «di fatto non è stato investito nulla nonostante le promesse ma solo tolto», suona come una presa in giro:

«Anche se ti sembra difficile o addirittura quasi impossibile rimani positivo». Ma Laura non ci sta: «Noi non abbiamo chiuso per crisi. Il punto vendita di Monsano dove sto da quando è nato, nel 2001 andava molto bene. I nostri clienti erano fidati. Alcuni di loro avevano versato acconti o pagato tutto, parliamo anche di 5mila euro e da dicembre scorso attendevano i mobili. Continuavamo a dire loro che dovevano essere fiduciosi e aspettare. Solo quel maledetto sabato mattina in cui il telefonino ci notificava il fallimento della Shernon abbiamo scoperto di averli traditi ‘inconsapevolmente’. E questo ci fa male. Ho incontrato tanta solidarietà in paese ma anche tanti clienti che mi cercano per capire che fine faranno i loro soldi. Non lo sappiamo. Si sta lavorando e voglio ringraziare il mio segretario Fabrizio Bontà (Uil). Vogliamo solo tornare al nostro lavoro. Come me ci sono persone che hanno un solo stipendio, altre di età più avanzata e con la paura di non avere un futuro occupazionale davanti».