Scontri in A1, ultras in trasferta su minivan affittati. E così sfuggono ai controlli

La strategia dei supporters per viaggiare indisturbati. E neanche la tessera del tifoso riesce a fermarli

In occasione della tragica morte di Daniele Belardinelli, il tifoso interista travolto e ucciso il 26 dicembre 2018 dal Suv dall’ultrà napoletano Fabio Manduca – poi condannato a 4 anni per omicidio stradale – l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini sostenne con una certa convinzione come i cosiddetti "mezzi propri" o privati, dall’automobile ai minivan, fossero un potenziale innesco di violenza. Rifletteva, Salvini, sulla reintroduzione dei ’treni speciali’ per supporters. "È molto più controllabile un gruppo di mille tifosi identificabili, che hanno acquistato con un documento il biglietto del treno, piuttosto che cento automobili in viaggio". diceva. Aggiungendo: "Sono contrario al divieto di trasferta. Ogni settimana ci sono 12 milioni di tifosi che seguono le squadre e 6mila teppisti, da non confondere con i tifosi per bene che sono il 99,9%"

Il problema, però, resta ancor oggi in quei 6mila, resi più pericolosi dai ’mezzi propri’. Il motivo è semplice al limite del banale: è del tutto evidente come un mezzo privato, che sia minivan affittati o auto propria, possa rappresentare uno strumento altamente ’mimetico’ in caso di trasferta e pessime intenzioni.

Scontri tra tifosi della Roma e del Napoli nell'area di servizio Badia al Pino lungo l'A1
Scontri tra tifosi della Roma e del Napoli nell'area di servizio Badia al Pino lungo l'A1

Oggi, per accedere al settore ospiti riservato ai tifosi delle squadre in trasferta è necessaria la tessera del tifoso rilasciata dai club, strumento che consente l’accesso anche per quelle gare considerate a elevato rischio e quindi soggette a restrizioni. E chi non ha la tessera non entra allo stadio? Macché. Si può acquistare un ticket che non sia quello per il settore ospiti, a patto di non essere soggetto a Daspo e altri procedimenti. Dunque, in linea teorica, un gruppo di ultras può andare in trasferta con la certezza di entrare allo stadio – anche se il biglietto è nominale e a patto di non essere ’daspati’ – viaggiando in ’semi-incognito’ con mezzi propri, snelli, rapidi come i minivan dei tifosi romanisti sull’A1. Che non erano quattro o cinque, ma 150.

Scontri Roma Napoli in A1, nella stessa area di servizio morì Gabriele Sandri

E da più parti si è sottolineato come quell’incrocio apparentemente fortuito con gli ultras del Napoli in realtà sia stato una sorta di appuntamento, o agguato, in quella che è diventata una vera e propria terra di mezzo per gli scontri tra teppisti, la rete autostradale. D’altra parte dalla morte di Ciro Esposito, il tifoso ucciso a Roma da un ultrà romanista prima della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, i facinorosi delle due fazioni ringhiano e se le promettono ad ogni occasione. Come accade ad altre tifoserie e sempre lontano dagli spalti. Sono gli stessi ultras, da anni, a passarsi la parola sul ’pericolo stadi’: troppe telecamere e microfoni direzionali all’interno, nemici che non si possono prendere a cintate.

E così, come accade da decenni in Inghilterra, la terra di scontro adesso è lontana dagli stadi. Al massimo nei pressi, tra vicoli, piazze, parcheggi. Però, meglio darsele il più lontano possibile da curve e tribune no? E, per farlo, meglio mimetizzarsi all’interno di auto e minivan, sempre più utilizzati, con il conseguente aumento del rischio di contatto tra fazioni ultras. Soluzioni? C’è chi pensa ad istituire nuovamente i ’treni dei tifosi’ già auspicati da Salvini. Esistevano già, in realtà, ma nel maggio del 1999, in occasione della partita Piacenza-Salernitana che sancì la retrocessione dei campani, alcuni tifosi su quel maledetto treno 1681 diedero fuoco ad alcuni sedili causando un incendio quando il convoglio era fermo in galleria. I vagoni divennero camere a gas, provocando la morte di quattro tifosi.