Dal pareggio con l’Ancona ai tifosi al Pelloni

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Dunque, dove eravamo rimasti? Ah, già: all’8-5-2011 e al triplice fischio di un tumultuoso Fermana – Ancona 2 a 2, che certificò la promozione in Serie D dei dorici e la permanenza dei canarini nel campionato di Eccellenza (ufficialmente sancita al termine dei play off con la Vis Pesaro, disputati a pile scariche nonostante un divario di graduatoria di 23 lunghezze). Lo sciogliete le righe che seguì quei giorni portò l’allenatore di quella Fermana, Giovanni Cornacchini, dapprima sulla panchina della Civitanovese e poi proprio su quella dell’Ancona, divenendone il condottiero che ne guidò il ritorno in Serie C. Categoria dove il Condor – sempre legato a doppio filo ad un altro ex canarino, il ds Sandro Marcaccio – seppe ben figurare anche alla guida di Viterbese, Gubbio e Bari. Adesso, il ritorno a Fermo. O meglio, nella città che al tempo chiamava Mont Saint-Michel, riscontrando analogie con l’amena località transalpina. Ma come è stato il primo giorno di questo Cornacchini 2.0? Leggermente movimentato. Tutto nella norma, per carità. Ma dopo aver vinto la concorrenza di Legrottaglie (altro candidato alla panchina gialloblù), il tecnico fanese ha dovuto dapprima superare le personali titubanze mattutine e poi la civilissima reprimenda, con esplicito invito a tirare fuori gli attributi, di una ventina di tifosi canarini che si sono recati al Pelloni per dire la loro alla squadra in relazione a questo delicato momento. Il tutto alla presenza del patron Vecchiola e del club manager Matacotta, dirigente anche al tempo di quella sfortunata Fermana e quindi, per certi versi, da ritenersi trait d’union tra il primo e il secondo mandato tecnico di Cornacchini. Forse quello più difficile. Per carità, l’occasione è ghiotta: salvare questa Fermana sarebbe risultato straordinario, che consentirebbe anche di metabolizzare l’enorme delusione finale di quel comunque grande campionato. Ma se non sarà così, l’aver accettato – nell’anno del centenario – sarebbe stato un errore. Forse più grande di quello commesso – sua ammissione – quando lasciò lo stellare Milan di Sacchi.

Uberto Frenquellucci