Esplosione a Suviana, la verità di Bargi da feriti e scatole nere

Gli inquirenti hanno ascoltato il coordinatore dei lavori della centrale. I periti dovranno analizzare e mettere a confronto i dati registrati dalle Scada

Bologna, 18 aprile 2024 – C’erano due impianti Scada alla centrale di Bargi. Uno registrava le informazioni del primo gruppo, quello cioè che aveva concluso il collaudo con successo; l’altro era al servizio del secondo gruppo, quello distrutto nel disastro del 9 aprile. Qualora emergessero discrepanze tra i dati incamerati in queste ‘scatole nere’, letteralmente Supervisory Control and Data Acquisition , potrebbero raccontare molto sulla genesi della tragedia di Suviana, che ha portato alla morte di sette lavoratori.

Esplosione a Suviana, la verità nelle scatole nere
Esplosione a Suviana, la verità nelle scatole nere

I tecnici che verranno incaricati dalla Procura dovranno proprio stabilire questo: cosa ha registrato la Scada del secondo gruppo, se nella sua memoria è rimasto impresso qualcosa. E, nel caso, paragonare i dati a quelli contenuti nel primo sistema. Un lavoro di indagine tecnico, che verrà poi incrociato con i racconti forniti da lavoratori e responsabili che in questi giorni stanno rendendo le proprie testimonianze ai carabinieri di Nucleo investigativo e Nil e al personale della Medicina del Lavoro dell’Ausl. Tra questi, oltre ai lavoratori rimasti illesi nella tragedia e al responsabile di unità di Suviana Simone De Angelis, è stato ascoltato anche il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori alla centrale, Luca Lenzi.

Tutti chiamati a raccontare, per proprio ruolo e settore, il lavoro che facevano per l’impianto di Enel Green Power. I lavoratori all’interno del sito in particolare, sia quelli rimasti illesi che i feriti, che in queste ore stanno iniziando a rendere testimonianza come persone informate dei fatti davanti ai carabinieri, dovranno essere gli occhi e le orecchie degli inquirenti, per permettere loro di tornare indietro, agli attimi esattamente prima dell’esplosione.

Per definire, esattamente, cosa sia accaduto. I corpi delle vittime recuperate dai soccorritori, le ferite dei lavoratori che ce l’hanno fatta, parlano di corpi martoriati dal fuoco, non deflagrati da un’esplosione. E l’ipotesi che emerge alla vista di quei poveri resti è che i lavoratori siano stati investiti da una potente fiammata. E poi dall’olio bollente e tossico, sprigionato dai cuscinetti pieni di lubrificante. Il calore, il combustibile, avrebbero poi innescato la deflagrazione, di una violenza tale da sparare pezzi di metallo di tonnellate come proiettili nelle pareti della centrale, da danneggiare le paratie, da far finire sott’acqua tre piani del sito. Ma ogni ricostruzione, al momento, è prematura. I dettagli che racconteranno i feriti, i rumori che hanno sentito, ogni elemento anomalo che hanno notato prima dell’inferno sarà un tassello in più fino alla ricostruzione della verità.

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