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Isabella Linsalata, morta a 62 anni
Bologna, 6 marzo 2024 – Era dai tempi di Andrea Rossi che non si vedeva un processo dall’esito tanto incerto. Ma mentre il commercialista, condannato all’ergastolo per un delitto del 2006, è tornato in tribunale proprio in questi giorni sperando nella revisione, il medico Giampaolo Amato deve affrontare per la prima volta i giudici della Corte d’assise in quello che si annuncia come uno dei processi più appassionanti degli ultimi anni.
L’oculista 64enne, ex medico sociale della Virtus, è accusato di duplice omicidio premeditato perché, secondo Procura e carabinieri, avrebbe ucciso la moglie Isabella Linsalata, 62 anni, e la suocera Giulia Tateo, 87.
A suo carico ci sono tanti indizi, anche gravi, ma non una prova schiacciante. In primis, i farmaci: nel corpo di Isabella e della madre sono stati trovati, dopo le autopsie, Midazolam, una benzondiazepina, e Sevoflurano, un anestetico, farmaci di cui Amato aveva la disponibilità lavorando in ospedale.
Grazie a un mix di quei farmaci l’imputato avrebbe ucciso le due donne perché, secondo l’accusa, voleva incassare l’eredità (in particolare l’immobile di via Bianconi in cui viveva) e voleva vivere liberamente la relazione con l’amante.
Un rapporto a volte anche burrascoso, come ricostruito dagli inquirenti, e che Amato voleva a tutti i costi portare avanti, nonostante la ragazza, molto più giovane di lui, iniziasse ad avere dei dubbi.
Proprio il timore che potesse fare del male anche a lei ha fatto scattare l’arresto del medico, finito in carcere ad aprile 2023.
Contro Amato, oltre ai farmaci e al movente, ci sono poi una serie di indizi legati al computer (è stata trovata una chat sul web in cui parlava di anestetici, fra cui il Sevoflurano) e allo smartwatch, grazie al quale i carabinieri hanno ricostruito i movimenti del 64enne la notte in cui morì la suocera.
Lui aveva sempre detto di non essersi mosso da casa, ma dalla geolocalizzazione è emerso che era salito al piano di sopra, dove abitava la donna, per ben sette volte.
Tutti elementi che, per la difesa, non dimostrano nulla. Finora gli avvocati Cesarina Mitaritonna e Gianluigi Lebro non hanno scoperto le carte: "Ci difenderemo in aula", hanno ripetuto più volte. Ma una cosa l’hanno detta: secondo loro gli omicidi non sono mai avvenuti, dunque il processo non si dovrebbe nemmeno fare. Isabella e la madre, infatti, per i legali sono morte per cause naturali.
Amato ha rilasciato spontanee dichiarazioni durante l’udienza preliminare: "Non le ho uccise". La vera battaglia, però, comincia oggi.