FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Malori al 118, il ricorso. Tacconi resta ai domiciliari

La difesa dell’infermiere aveva chiesto sostituzione o revoca della misura. L’opposizione dei colleghi ’colpiti’: "La nostra vita al lavoro è ancora un incubo".

L’ex coordinatore infermieristico della centrale operativa del 118, Claudio Tacconi

L’ex coordinatore infermieristico della centrale operativa del 118, Claudio Tacconi

Bologna, 31 maggio 2024 – Claudio Tacconi, l’ex coordinatore infermieristico della centrale operativa Emilia Est del 118 all’ospedale Maggiore accusato di avere avvelenato i colleghi stordendoli con un antipsicotico mescolato alle bibite o al cibo che consumavano al lavoro, resta ai domiciliari.

Il giudice per le indagini preliminari Nadia Buttelli ha infatti rigettato l’istanza di sostituzione o revoca della misura cautelare presentata dalla difesa di Tacconi, l’avvocato Carla Garrasi.

La misura era stata applicata il 13 maggio scorso dal tribunale del Riesame, con conferma della Cassazione, dopo che la richiesta della pm Francesca Rago alla gip Buttelli a dicembre era stata respinta perché era stato ritenuto insussistente il reato di stalking; Rago fece appello al Riesame, che riconobbe gli atti persecutori e dispose la misura.

Almeno 10 sono gli episodi contestati a Tacconi, tra il 2020 e il 2023: diversi suoi colleghi, tra cui elicotteristi pronti al servizio in volo, accusarono malori stranamente simili, a distanza ravvicinata.

Ora, si sono opposti all’istanza di Tacconi i legali di cinque di questi, gli avvocati Davide Bicocchi e Silvia Zanuccoli: "Abbiamo presentato tempestive osservazioni sulla necessità di mantenere i provvedimenti restrittivi – spiegano –. La motivazione principale che abbiamo illustrato sta nel fatto che, nonostante dal suo allontanamento dalla centrale operativa siano cessati i malori accusati dagli infermieri, tuttora resta in quell’ambiente uno stato di ansia e paura, che continua a far modificare le abitudini di vita degli operatori".

Tra l’altro, proseguono, "abbiamo considerato che sotto il profilo della pericolosità sociale, l’indagato non sia stato in grado di interrompere l’attività criminosa negli anni e nell’ultimo periodo, cosa che ne evidenzia l’assoluta incapacità di autocontrollo.Perciò i nostri assistiti tuttora nutrono un fondato timore per la loro incolumità e un turbamento psicologico dovuto all’obbligato cambiamento delle abitudini di vita".

Inoltre, "l’applicazione della misura cautelare per soli sette giorni non può avere sortito un effetto deterrente sull’indagato". Opposizione accolta dalla gip, che ha confermato la misura non riconoscendo il venir meno di alcuna esigenza cautelare.

All’epoca, i giudici del Riesame ritennero che, non essendo chiaro il movente dell’indagato, non se ne potesse "confinare la pericolosità" trasferendolo in un altro reparto dello stesso ospedale.