Referendum per Bologna città 30, l’esperto: "Difficile arrivare in fondo"

Morrone, professore di Diritto Costituzionale: "L’iter ha tante incognite. E ci vorranno almeno due anni". Primi nodi anche sull’ammissibilità: "Non c’è ancora il quesito, ma astrattamente qualche dubbio c’è"

Bologna, 16 gennaio 2024 – Il referendum sulla Città 30 parte in salita. Parola di un esperto in materia, il professore di Diritto Costituzionale dell’Università di Bologna, Andrea Morrone che sul tema ha scritto ‘La Repubblica dei referendum’, edito dal Mulino.

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Il professore Unibo Andrea Morrone
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Professore, è utile questo strumento?

"Gli statuti comunali prevedono strumenti di partecipazione democratica. E il referendum è uno di questi. L’esperienza, però, dimostra utilizzi molto contenuti anche per le tante difficoltà che s’incontrano".

Ci spieghi meglio...

"Il referendum ha limiti organizzativi, tecnici e giuridici. È un percorso con molte incognite, a partire dalla scarsa voglia di partecipazione dei cittadini. La disaffezione politica si vede alle elezioni e pure di fronte ai referendum".

La Città 30, però, mobilita. Sia i favorevoli sia i contrari.

"Il tema c’è tutto, è vero. La consultazione, su un tema sentito, potrebbe effettivamente mobilitare. E, a quel punto, si misurerà, come in tutti i referendum, quale fazione sarà più forte a raccogliere adesioni. Ma resto scettico che si arriverà a questo punto...".

Teme che l’iter a ostacoli si fermerà prima?

"Il percorso è molto difficile, come hanno dimostrato i referendum costituzionali, abrogativi, consultivi nella storia. Quello che conta è il ’durante’, prima di raggiungere la deliberazione. Si dovrà, insomma, vedere quali capacità di attenzione manterrà nel tempo il tema, quali saranno gli interessi effettivi delle parti in campo. Non dimentichiamo, poi, i tempi...".

Quanto tempo stima per arrivare alla meta?

"Mah, ora che il cammino referendario procede, tra raccolta firme, controllo dei garanti, eventuali ricorsi, prima di due anni difficilmente si riuscirà a votarlo. Anche perché è il sindaco a indire il referendum".

E l’amministrazione avrebbe tutto l’interesse a ritardare...

"Non dimentichiamo la situazione politica che potrebbe influenzare tutto l’iter. Crisi di giunta, elezioni, cambi di colore politico della maggioranza... Ci sono un sacco di variabili: arrivare in fondo è difficile. Pure il referendum sul divorzio doveva farsi nel 1970, ma venne ritardato al 1974".

Mettiamo, invece, che il sì allo stop della Città 30 passi. Che cosa può succedere?

"Il referendum è consultivo: produce effetti politici, non normativi. Non comporta alcun obbligo a ritirare la decisione, ma riapre il procedimento che ha portato a questa scelta. Insomma, non c’è alcun vincolo. La giunta Lepore, quindi, anche dopo la consultazione potrebbe comunque riconfermare la Città 30".

Ma questo strumento ha ’funzionato’ in qualche caso?

"Quasi mai. Anche a Bologna, dove ci fu il famoso referendum del 2013 contro la convenzione del Comune sulle scuole paritarie, nonostante vinse il sì a favore della scuola pubblica, la decisione dei cittadini venne disattesa dal sindaco Virginio Merola".

Tanta fatica per nulla?

"Ripeto: i referendum consultivi non creano alcun obbligo, semmai morale e politico. Quindi, la Città 30 potrebbe essere abolita, confermata, ma anche modificata".

Nello statuto comunale si legge che l’ammissibilità del refe rendum verte sull’esclusiva competenza del Consiglio e su un’attività deliberativa effettivamente in corso: ci sono rischi che il quesito non passi il primo passaggio?

"Sono due problemi da valutare ai fini dell’ammissibilità. Direi che a oggi, senza avere in mano il quesito annunciato dall’opposizione, qualche dubbio astrattamente già c’è".

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