Bologna, addio Genus Bononiae. Matteucci: "Assurdo chiudere il Museo della Storia cittadina"

La protesta della collezionista che ha prestato due opere di Morandi. Intanto si è chiuso il bando per l’affidamento del circuito culturale: incerta la destinazione delle opere contenute a Palazzo Pepoli

Uno degli allestimenti all’interno di Palazzo Pepoli, a destra Cecilia Matteucci Lavarini

Uno degli allestimenti all’interno di Palazzo Pepoli, a destra Cecilia Matteucci Lavarini

Bologna, 21 marzo 2024 – Ieri, nel giorno della scadenza per l’invio delle manifestazioni di interesse per la gestione e valorizzazione di quattro siti museali promossi dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, ovvero Palazzo Fava, San Colombano, Santa Maria della Vita e San Giorgio in Poggiale, (Progetto Genus Bononiae), è stata presentata proprio a Palazzo Fava, la mostra dedicata all’Ottocento nelle collezioni della Fondazione, con 100 opere riunite sotto il titolo Da Felice Giani a Luigi Serra, tutte opere provenienti dai caveau della Fondazione e dagli uffici, molte mai viste prima.

Un clima di commiato per il consiglio d’amministrazione di Genus Bononiae e tante domande ancora senza risposta, a cominciare dalla futura collocazione del Museo della Città appositamente creato per gli spazi (allora) appena ristrutturati di Palazzo Pepoli Vecchio in via Castiglione, che, ormai è cosa nota, entro maggio verrà consegnato vuoto al Comune di Bologna perché lì nascerà – fra le le altre cose –il nuovo Museo Morandi.

E quindi, il Museo della Storia di Bologna voluto da Fabio Roversi-Monaco, con un percorso diviso in 34 sezioni, una narrazione con tecniche espositive scenografiche ed interattive che immergono il visitatore nelle diverse sale tra pannelli multimediali e grafici illustrati, e poi i preziosi reperti archeologici, come il corredo felsineo della Tomba 10 dei Giardini Margherita, rinvenuto nel 1986, e grandi opere d’arte come i dipinti del Guercino, dei Carracci e di Giacomo Balla…. Dove finiranno?

La presidenza della Fondazione resta in silenzio, Filippo Sassoli de Bianchi e Gianandrea Rocco di Torrepadula, del consiglio del Genus Bononiae, arginano come possono le domande, anche se il presidente Sassoli de Bianchi si fa sfuggire, prima della conferenza stampa, che tutto finirà "in un deposito dato dal Comune".

Rocco di Torrepadula afferma invece che la domanda "va rivolta alla Fondazione, perché noi, come strumentali, operiamo in base alle indicazioni della Fondazione e non siamo gli interlocutori giusti per questa domanda politica". Rispetto alle altre sedi, invece, il bando in scadenza ieri "potrebbe portare a un pronunciamento della Fondazione ad aprile".

Ma è proprio alla fine della conferenza stampa che l’intervento di Cecilia Matteucci Lavarini, collezionista che ha prestato due nature morte di Morandi al Museo della Città, crea imbarazzo. "Sono una collezionista, amo molto i musei e sono qui per una protesta – afferma –: è assurdo chiudere il Museo della Città e non capisco perché il Comune non voglia trasferire le opere di Morandi a Palazzo d’Accursio visto che ci sono le donazioni e le indicazioni della sorella da rispettare". E incalza: "Il Museo della Città è bellissimo, forse non si è saputo gestire, prendete qualcuno che lo sappia gestire e in più – affonda – se la presidente della Fondazione è l’ideatrice di questa chiusura è meglio che dia le dimissioni".

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