Bilanci traballanti e ipervalutazioni. La parabola dei due Campedelli

Il processo per la bancarotta dell’Ac Cesena movimentato dalle testimonianze dell’ex segretaria del Chievo e di un consulente dell’ex presidente cesenate. Il nodo degli affari tra le due società.

È stata movimentata la sesta udienza del processo per la bancarotta dell’Ac Cesena, fallita nel 2018 sotto il peso di una montagna di debiti, circa 80 milioni di euro, che si sta svolgendo in tribunale a Forlì davanti al collegio giudicante presieduto da Marco De Leva. Erano due i testimoni di maggior rilievo citati a comparire dal pubblico ministero Francesca Rago: Federica Olivoni, ex segretaria amministrativa del Chievo Verona, società fallita nel giugno 2022, e Augusto Balestra, titolare dell’azienda forlivese Orienta Partners che nel 2012 fu ingaggiata dall’allora presidente Igor Campedelli per tentare di raddrizzare la barca dell’Associazione Calcio Cesena che stava sbandando sul piano finanziario.

Il pubblico ministero ha avuto un bel daffare a interrogare i due testimoni. La Olivoni, che ha lavorato al Chievo dal 2007 al 2018, quando lasciò perché faceva fatica a reggere lo stress dei continui controlli e delle manovre per far quadrare i bilanci. Tra queste ci sono gli scambi di giovani calciatori tra lo stesso Chievo e il Cesena per cifre iperboliche che generavano finte plusvalenze milionarie. "Mi sembrava strano e lo feci notare una volta al presidente - ha detto senza rivolgere lo sguardo verso Luca Campedelli, ex presidente del Chievo, l’unico degli undici imputati presente a tutte le udienze - ma lui mi disse che nessuno avrebbe potuto contestare il valore attribuito ai calciatori".

Più movimentata la testimonianza di Augusto Balestra, interpellato a fine 2012 dall’allora presidente bianconero Igor Campedelli perché trovasse una soluzione ai problemi finanziari dell’Ac Cesena. Balestra, che in questa vicenda giudiziaria è stato indagato e poi prosciolto, entrò nel Cda della società insieme al socio Fabio Fabbri, poi deceduto, e vi rimase fino al 4 luglio 2013. "Io e Fabbri ci dimettemmo - ha spiegato - perché avevamo portato la società all’iscrizione al campionato successivo e tracciato la strada per il risanamento finanziario con l’ingresso di nuovi soci e un aumento di capitale deliberato, ma non eseguito col versamento delle somme previste".

Il pm, fra le proteste degli avvocati difensori, ha indirizzato più volte la testimonianza verso lo stato debitorio dell’Ac Cesena che, secondo il curatore fallimentare Mauro Morelli, era in stato di insolvenza alla chiusura del bilancio a giugno 2013, ma Balestra ha ribadito più volte che la continuità aziendale a quel tempo non era in discussione (l’anno dopo arrivò anche la promozione dalla serie B alla A) come dimostrato dal fatto che il fallimento è arrivato cinque anni dopo. Prossima udienza a fine giugno.