Come una guerra "Là c’era la cucina, ora è tutto distrutto Ma non mi arrendo"

Viaggio tra chi ha perso tutto nell’alluvione del fiume Savio. Francesco Lucchi ha visto la sua casa invasa dall’acqua:. "Devo superare anche questa, anche se le forze stanno finendo".

Come una guerra  "Là c’era la cucina,  ora è tutto distrutto  Ma non mi arrendo"

Come una guerra "Là c’era la cucina, ora è tutto distrutto Ma non mi arrendo"

di Luca Ravaglia

Si lavora per non pensare. Si lavora perché la melma deve essere lavata via, perché la vita deve tornare a regalare sorrisi anche qui, in questa fetta di città finita in ginocchio sotto la furia dell’alluvione del fiume Savio. ‘In Romagna non si molla’ dice la scritta appesa alla vetrina di un negozio in via ex Tiro a Segno, una delle zone più colpite. E’ vero, non si molla, anche quando tremano le gambe e la voce. Anche quando pare di essere soli, col peso del mondo sulle spalle. Franco Lucchi nella sua casa a due passi dal fiume ci vive da 52 anni: "Ne ho passate tante – sospira – e le ho superate tutte. Non mi sono mai arreso. Devo superare anche questa, riuscirò a trovare il modo. Ma spero che questa sia l’ultima, perché le forze stanno finendo". Si adopera di gran lena intorno a casa, aiutato da un gruppo di giovani volontari, oltre che da amici e parenti. E intanto guarda dalla finestra, verso l’interno della sua abitazione: "Questa è la camera da letto, là c’è la cucina. C’era la cucina. Ora è tutto distrutto. I mobili di una vita, gli elettrodomestici. Abbiamo perso tutto". Si emoziona, ma non si arrende. "Almeno ci siamo ancora tutti. Appena mi sono accorto di quello che stava accadendo, eravamo già circondati dall’acqua. I vigili del fuoco ci hanno aiutato, guidandoci al sicuro. Mi sono trovato completamente bagnato e al freddo, ma salvo". Ora Lucchi è di nuovo lì, a casa, con le maniche rimboccate. Nel suo cortile si sono ammassate auto trascinate via dalla corrente: i danni sono incalcolabili.

Lo sanno bene alla palestra Champions River, lì a due passi. Francesca Sirri e la madre Alessandra lavorano incessantemente, circondate dai loro collaboratori, dai volontari e pure dai clienti della palestra che sono corsi a dare una mano. Sono una quarantina, ma non bastano. Perché qui è davvero come essere sulla linea del fronte. "Il fiume ci è piombato contro con una forza inaudita – la commozione è tanta – e ha distrutto tutto. Non è questione di ridipingere muri o sistemare infissi. E’ questione che niente è come dovrebbe essere. Abbiamo una sala corsi e la sauna piene d’acqua fino al soffitto. Chi la toglie quella? E che dire dei muri distrutti, dei pavimenti divelti e, peggio di ogni altra cosa, delle tubature che si sono rotte?". Quest’ultimo aspetto è il più inquietante e si vede ad occhio nudo, camminando sul pavimento di un corridoio le cui mattonelle sono state rialzate dalla pressione dei tubi. Serve partire da lì, probabilmente, e dallo svuotamento dell’acqua dai locali allagati. Ma come? Quando? "Siamo in ginocchio, abbiamo bisogno di aiuto, di qualunque tipo di aiuto. Pulire non è un problema, per quello ci organizziamo, ma ci serve la competenza degli artigiani, di un falegname che ci costruisca una porta provvisoria, di un idraulico che ci aiuti in mezzo a questo pandemonio. E che nel farlo si mettano una mano sul cuore, perché non siamo in grado di sostenere costi. Abbiamo bisogno dell’aiuto della nostra comunità". Quanto tempo servirà per poter riaprire? "E’ la nostra attività, il nostro mondo. Non ci siamo mai tirati indietro davanti ai momenti difficili, ma questo genere di difficoltà non si può superare da soli. Non lasciateci soli". A fianco della palestra c’è l’abitazione, copia speculare dei danni subiti. Un piano è allagato, il mobilio danneggiato se non distrutto. Così come tanti attrezzi della palestra che i titolari non sono riusciti a portare in salvo in tempo. "Il fiume ci è piombato addosso da ogni parte spaccando tutto, pareti, porte, vetrate. Non abbiamo le utenze collegate, manca tutto. Ci serve un appiglio dal quale ripartire". Una scala per uscire dall’inferno.

Intanto i sindaci di Cesena, Sarsina, Mercato Saraceno e Roncofreddo, hanno firmato un ordine di servizio per lo sgombero delle famiglie che risiedono nelle abitazioni distribuite nelle aree a rischio. Cento persone evacuate e trasferite in un centro di accoglienza.