
Una fumatrice al bancone del bar (foto di repertorio)
Sono passati esattamente 22 anni dalla legge antifumo, denominata Sirchia. Un’epoca fa, da allora l’aria nei bar e nei ristoranti italiani è migliorata notevolmente; i clienti e gestori hanno da tempo adeguato i comportamenti, e forse non è il caso di perdere le buone abitudini. Uno scenario ora a rischio: i locali, in particolare serali, sono tornati ad essere fumosi, o meglio vaporosi. In attesa che il ministro della salute dia seguito alla dichiarata intenzione di estendere il divieto di fumo nei locali pubblici anche alla sigaretta elettronica, equiparandola così alla sigaretta tradizionale, sono gli esercenti a poter scegliere di proibirne eventualmente l’uso.
"Detto ciò, anche se non è previsto un divieto, è lecito chiedersi se sia davvero opportuno l’utilizzo di questi dispositivi al chiuso e in presenza di altri: l’odore e gli eventuali "vapori" generati possono comunque essere spiacevoli per le altre persone. Si dovrebbe seguire il principio di buon senso. Finora non abbiamo registrato una situazione particolarmente emergenziale", dichiara Cesare Soldati, presidente Confesercenti Cesena. Ad alcuni gestori sta capitando di imbattersi in avventori che utilizzano la sigaretta elettronica e che ritengono di poterlo fare anche laddove nel locale si sia scelto di vietarne l’uso, o viceversa in clienti che chiedono di essere maggiormente tutelati sulla qualità dell’aria: "In mancanza di una legge che la proibisca chiaramente, è comprensibile che i gestori lascino correre, e non si espongano in divieti – queste le parole di Corrado Augusto Patrignani, presidente Confcommercio Cesena -. Oltretutto le sanzioni sarebbero difficili da applicare. Certo, ci si aspetterebbe che il divieto al fumo sia presto esteso anche a quella".
Nel dettaglio, al livello nazionale (decreto legge 12 settembre 2013, n. 104) le sigarette elettroniche come Puff, Elfbar o Vuse e quelle a tabacco riscaldato come Iqos, Ploom o Glo sono bandite in istituti scolastici, universitari e del sistema dell’istruzione/formazione e nei centri per l’impiego. A parte questi ambiti, la legge non ha precisato altri luoghi in cui vige il divieto di fumo di sigaretta elettronica, ma le amministrazioni pubbliche e le aziende, così come i singoli esercenti, possono stabilire se nei propri locali è lecito utilizzare una sigaretta elettronica o a tabacco riscaldato. Ad esempio, le aziende sanitarie e gli ospedali, e anche Trenitalia, hanno disposto dei regolamenti che allargano il divieto di fumo anche a sigaretta elettronica e a tabacco riscaldato, bandendo, quindi, qualunque tipo di fumo o emissione in tutte le aree interne di propria pertinenza.
Lo "svapo" pone anche la questione del fumo passivo. E’ noto, per esempio, che il diacetile, uno degli aromi più impiegati, quando è riscaldato e inalato in grandi dosi per lunghi periodi di tempo può causare bronchiolite e irritazione. Alcuni studi dell’Istituto superiore di Sanità hanno mostrato che le sigarette elettroniche rilasciano nell’ambiente idrocarburi policiclici aromatici, potenzialmente cancerogeni. In attesa di avere dati definitivi, Confcommercio e Confesercenti di Cesena, anche se non hanno per ora dato indicazioni ai proprio associati di non consentire ai clienti di aspirare la cicca elettronica dentro i locali, concordano sul fatto che "sia nei ristoranti sia nei bar sarebbe buona abitudine evitare il più possibile di esporre gli altri - e in particolare i bambini - alle esalazioni della sigaretta elettronica. Inoltre, è giusto evitare di mostrare ai minori comportamenti che evochino il tabagismo".