
Michele Sanza
Dottor Michele Sanza, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Servizio Dipendenze Patologiche di Cesena e Forlì, quanti sono attualmente i ludopatici seguiti dal vostro servizio?
"Sono 51 a Cesena e 44 a Forlì, circa il 6 per cento del totale dei nostri assistiti per le varie dipendenze, ossia, alcol, droghe, farmaci oltreché gioco compulsivo".
Rappresentano un numero significativo rispetto alla realtà del fenomeno?
"No. Intanto solo una parte si rivolge al nostro servizio mentre altri fanno riferimento agli sportelli di prossimità che gestiamo con i fondi regionali per la prevenzione. Ma anche la somma delle due strutture è lontano dal fenomeno reale".
Come mai così pochi si fanno curare?
"Perché c’è una parte di giocatori che non è consapevole di essere caduto in una vera e propria dipendenza e matura questa consapevolezza solo dopo uno sfacelo, economico, personale e delle relazioni familiari. In tanti, poi, sono riluttanti a farsi curare per vergogna, o perché convinti di poter affrontare il problema da soli o con l’aiuto dei familiari".
Arrivano dunque da voi solo casi disperati?
"Sì, arrivano casi gravi. Ossia di persone che avendo percorso tutta la progressione degli eventi fino alla dipendenza non sanno più cosa fare".
Come si esplica tale progressione?
"C’è una prima fase che viene chiamata di ‘luna di miele’ in cui il giocatore si diverte e pensa di poter trarre beneficio dal gioco magari anche guadagnando. Poi c’è la fase della rivincita, in cui il giocatore continua convinto di poter recuperare le somme perdute. Obiettivo che, come sappiamo, non si coglie mai poiché più gioca e più perde".
Qual è la fase finale?
"Quella della disperazione in cui il giocatore arriva all’angoscia esistenziale ed emotiva e continua a giocare non più perché pensa di potersi rifare delle perdite ma perché costretto dalla compulsione del gioco, ossia una dipendenza molto tenace".
Qual è la percentuale di recupero per chi si fa curare?
"Circa il 60 per cento, grazie anche alla collaborazione del gruppo di auto aiuto dei Giocatori Anonimi. Il percorso prevede accordi forti con la famiglia, assistenza psicologica e farmacologica. Ci sono poi le ricadute poiché è un vizio che si deve controllare per tutta la vita".
C’è un farmaco contro il gioco compulsivo?
"No, ma spesso i giocatori associano alla dipendenza un comorbilità psichiatrica, ossia ansia e depressione, secondarie alla conseguenza del gioco, e occorre trattare anche quelle. Poi ci sono anche persone con disturbi primari che sviluppano la dipendenza. La componente psichiatrica va sempre valutata"
Elide Giordani