Scontro sulle case popolari in Emilia-Romagna. La Regione: non favorite gli italiani. Rivolta dei sindaci di centrodestra

Delibera della giunta per impedire che a livello territoriale prevalga il criterio della residenzialità storica. Fabbri, primo cittadino leghista di Ferrara: " Fragili penalizzati". Malaguti (FdI): "Un favore agli immigrati"

Case popolari, i numeri in Emilia Romagna per provincia

Case popolari, i numeri in Emilia Romagna per provincia

Ferrara, 12 gennaio 2024 – È un duello senza esclusione di colpi. I criteri per le assegnazioni delle case popolari (gli alloggi Erp) sono un fronte di scontro pesantissimo tra il Comune di Ferrara e la Regione Emilia-Romagna.

Scontro che già si sta allargando ad altre città, con il centrodestra compatto a guidare la rivolta. Il casus belli è legato alla decisione della Regione di rivedere i parametri per le assegnazioni e in particolare quello legato alla residenzialità storica.

Un criterio sul quale il sindaco leghista Alan Fabbri ha invece scommesso in termini politici, costruendo le graduatorie proprio attorno a questo requisito che garantisce un punteggio alto a chi da più tempo vive sul territorio.

"La decisione della Regione di annullare il valore aggiunto della residenzialità storica per l’accesso alle case popolari – attacca il primo cittadino di Ferrara - è un enorme passo indietro nella garanzia dei diritti ai cittadini. Valorizzare chi da più tempo vive e lavora nella propria città significa garantire equità sociale e, noi, a Ferrara lo abbiamo dimostrato. Questa scelta toglie potere decisionale ai sindaci e, se applicata, finirà per danneggiare i tanti anziani e le famiglie fragili che della casa popolare hanno bisogno e che si vedranno, di nuovo, superare in graduatoria da chi magari è arrivato da poco in città".

Insomma, la linea di Fabbri è molto chiara e declina in chiave territoriale il refrain leghista: "Prima gli italiani". "A Ferrara – rivendica Fabbri - la graduatoria più recente per l’assegnazione delle case popolari, guardando alle prime 100 posizioni, conta nuclei italiani nel 72% dei casi".

Immediata la replica della regione per bocca dell’assessora alle politiche abitative, Barbara Lori. "La delibera regionale non comporterà nessun passo indietro nella garanzia dei diritti dei cittadini. Al contrario, l’obiettivo è proprio quello di introdurre regole uniformi".

Due i punti cardine della revisione regionale: il requisito della residenza o dell’attività lavorativa da almeno tre anni in Emilia-Romagna, che resta come requisito di accesso, ma che non potrà essere valutato due volte come fonte di punteggio aggiuntivo in graduatoria.

E l’obbligo per i Comuni di attuare una ripartizione ponderata dei diversi indicatori utilizzati nelle graduatorie, per evitare che localmente un requisito specifico possa avere un valore preponderante. Qui si consuma lo strappo. "Due criteri – chiude Lori - ispirati a un principio di equità che vanno nella stessa direzione della sentenza del Tribunale di Ferrara che nel 2021 ha definito discriminatorio il regolamento del Comune".

Se da un lato i sindacati sostengono la posizione regionale, la polemica è divampata e gli attacchi dal centrodestra sono in cendiari. Dal sindaco di Bondeno Simone Saletti, che auspica lo stop dell’assemblea al provvedimento, passando per il deputato del Carroccio, Davide Bergamini, finendo con il collega parlamentare di Fd’I, Mauro Malaguti, che ammonisce: "Con la scelta del governatore si condanneranno molti italiani indigenti sotto i ponti regalando alloggi a molti immigrati dell’ultima ora".