Accolto come un re poi crocifisso

di don Enrico

Brancozzi*

La liturgia della parola di oggi ci presenta il lungo Vangelo della passione di Gesù, il ‘Passio’, di solito proclamato nelle parrocchie a più voci, che rende i fatti narrati ancora più coinvolgenti emotivamente. Nel racconto della passione troviamo una sintesi della vita umana: la contraddizione di un messia accolto come un re e cinque giorni dopo crocifisso come un nemico dello stato. Personaggi collaterali che diventano protagonisti (le donne, i due malfattori) personaggi primari che mostrano tutta la loro fragilità e paura (Erode, Pilato, i capi dei sacerdoti e gli scribi). In mezzo stanno i discepoli: terrorizzati, impotenti di fronte a quello che stava accadendo, combattuti tra il desiderio di salvare il loro maestro e la paura di fare la stessa fine. Dentro il racconto della passione, insomma, c’è spazio per tutta la nostra umanità: per tutti i nostri desideri, le nostre frustrazioni, i nostri fallimenti, ma anche tutte le nostre speranze e attese. C’è spazio anche per quello che non speriamo più. È l’esperienza del ‘buon ladrone’, un uomo che riconosce l’estraneità di Gesù a quella condanna e gli chiede di ricordarsi di lui, letteralmente di ‘portarlo nel cuore’. Mi sembra il personaggio più originale della passione di Luca. Di lui non sappiamo nulla. Doveva però essersi macchiato di reati molto gravi per meritare quella pena. I padri antichi lo chiamano ‘teologo’, nel senso che riconosce la divinità di Gesù nel momento in cui era più difficile farlo. Secondo una tradizione dei cristiani di lingua siriaca le anime dei defunti che arrivano alla porta del paradiso vi trovano il buon ladrone. Il Vangelo ci dice solo che rimprovera il complice per gli insulti a Gesù, per non avere rispetto di un uomo che sta scontando una pena palesemente ingiusta, e che poi osa chiedergli una memoria ‘quando sarai nel tuo regno’. La fede è tutta qui, un abbandono fiducioso di quello che è stata ed è la nostra vita.

* Rettore del Seminario