Investito e ucciso, il testimone in auto: "Non ce ne siamo accorti"

Il racconto dell’altro amico: "Ho provato ad aprire la portiera ma era bloccata"

Pedaso (Fermo), 19 maggio 2024 – "Avevamo il parabrezza sfondato quando Silvano è ripartito. Era su tutte le furie. Non abbiamo capito più niente e solo più tardi ci siamo accorti che la sua auto era danneggiata e abbiamo immaginato avessimo preso qualcuno".

"Silvano si è messo alla guida dell’auto – ha detto l’amico di Asuni – e abbiamo attraversato via Garibaldi: era molto arrabbiato e nello stesso tempo disorientato"
"Silvano si è messo alla guida dell’auto – ha detto l’amico di Asuni – e abbiamo attraversato via Garibaldi: era molto arrabbiato e nello stesso tempo disorientato"

A raccontare ai carabinieri quei momenti concitati è l’amico di Asuni, che si trovava in macchina con lui nel momento del presunto omicidio e del tentato omicidio. Una testimonianza a caldo, tutta da verificare, anche per lo stato di shock in cui si trovava il 55enne amico del conducente. "Ero appena rientrato in macchina – spiega l’uomo – quando, improvvisamente sono spuntati diversi giovani che ci hanno assalito. Uno di loro, un marocchino 20enne, è salito sul cofano e poi ha iniziato a saltare sul parabrezza fino a sfondarlo. Io ho provato ad aprire lo sportello, ma era bloccato con la chiusura di sicurezza in quanto Silvano è il padre di un bambino piccolo".

Poi è arrivato Asuni, il proprietario della Volkswagen Golf su cui viaggiavano i tre amici che, dopo aver litigato in un bar del centro di Pedaso con il gruppetto di giovani, avevano raggiunto via Garibaldi. "Silvano si è messo alla guida dell’auto – continua l’amico di Asuni – e abbiamo attraversato via Garibaldi: era molto arrabbiato e nello stesso tempo disorientato. Nella concitazione abbiamo urtato un mezzo parcheggiato, quindi abbiamo percorso in senso inverso la stessa via. Non abbiamo più visto Giampiero e abbiamo pensato fosse andato a casa a piedi. Poco dopo ci siamo fermati e abbiamo notato che l’auto aveva una parte del muso abbozzata e con i fari rotti. Solo in quel momento ci siamo resi conto che poteva essere successo qualcosa". La serata in realtà era iniziata nel migliore dei modi e lo conferma il titolare del ristorante Il Faro: "Erano in 21 a tavola e hanno trascorso la cena in allegria e tranquillità. Mi hanno chiesto anche di scattare loro una foto ricordo".

Fino alla mezzanotte circa, anche l’organizzatore della rimpatriata è stato in compagnia degli altri e dei tre che poi sono stati protagonisti della tragedia: "Inizialmente dovevamo esserne otto o nove, poi, piano piano si è sparsa la voce e alla fine siamo diventati 21. Eravamo felici di ritrovarci dopo tanto tempo ed è stata una bella serata. Abbiamo ricordato i vecchi tempi e anche qualcuno che non c’è più. Poi, alla fine della cena, alcuni di noi sono andati al bar per un’ultima bevuta. Io, soddisfatto per la rimpatriata e per il fatto che fosse tutto andato bene, ho deciso di tornarmene a casa, ignaro della terribile tragedia che si sarebbe consumata due ore dopo. Solo al mattino sono stato raggiunto da alcune telefonate di amici che mi hanno raccontato cosa fosse accaduto dopo. Ognuno mi ha dato una versione diversa, non so realmente come siano andate le cose. In ogni caso, a prescindere da cosa sia accaduto realmente, si tratta di qualcosa di sconvolgente, perché un nostro amico poco prima era con noi a festeggiare e ora è morto".