Ticozzelli, il calciatore che corse il Giro d’Italia

Terzino sinistro, giocò a Ferrara tra il 1921 e il 1924. Il gigante di Pavia fu alla Corsa Rosa nel 1926 ma, investito da una moto, dovette ritirarsi

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di Mauro Malaguti

‘Tico’ è un gigante, una leggenda. Ed è curioso che la mirabolante storia del gigante di Pavia, che sembra sgorgare dritta da Macondo e dalla penna di Garcia Marquez, non sia divenuta ancora soggetto di un libro o di una serie tv.

Chi fu Giuseppe Ticozzelli, è presto detto: il terzino sinistro e poi l’allenatore-giocatore della Spal tra il 1921 e il 1924, 62 presenze e 6 gol frutto di un tiro da vero bombardiere, al punto che gli viene attribuita la paternità del gol segnato da più lontano, direttamente su calcio di rinvio. Disputa anche una partita nella nazionale A italiana, una sola. Nel 1920, a Milano in Italia-Francia 9-4, il Maciste di Castelnovetto veste l’azzurro a 26 anni, quando gioca nell’Alessandria. Poi tre campionati alla Spal, e il finale di carriera con i nerostellati del Casale che aveva vinto lo scudetto 1914. La guerra strappò a Tico gli anni migliori: lui ne uscì da ufficiale plurimedagliato.

Fin qui, niente di speciale. Un calciatore tra i tanti. E invece la storia di Tico è tutta da raccontare. Ha fisico da quercia, in ogni formazione d’epoca che lo include è il più alto, e di una spanna. 95 chili, 187 centimetri e un giro coscia di 84 ne fanno l’atleta per antonomasia. A tutt’oggi, l’unico calciatore ad aver partecipato al Giro d’Italia. Sì, perché nel 1926, a 32 anni, Tico si vuol cavare l’ultimo sfizio. Lui ama il calcio ma è nato in bicicletta. Ha preso il titolo di geometra andando su due ruote ogni giorno a Pavia e ritorno, fin da ragazzino. In Nazionale ha debuttato dopo essere salito fino a Milano in bici, portandosi da casa panino e gazzosa. E tiene a cimentarsi in ogni disciplina, a spingere sempre un po’ più in là il proprio limite. Scende sotto i 12 secondi netti sui 100 metri, ad esempio. Ma il primo amore è la bici, e il primo amore non si scorda mai. Già ad Alessandria si era battuto per l’adozione della maglia grigia in omaggio ai colori della Maino, la locale azienda che fabbrica biciclette. Sì, perché dell’Alessandria Calcio lui era stato tra i fondatori nel 1912.

Così il polisportivo Tico, già noto per aver giocato una partita di calcio lo stesso giorno in cui aveva corso il Giro del Piemonte, ottiene di poter partecipare da indipendente, e cioè senza squadra, al Giro d’Italia del 1926. E’ tesserato per il Casale, quell’anno: deve avvicinarsi a casa per via del padre malato. I suoi compagni si chiamano Rosetta e Caligaris, Ferraris e Baloncieri. Siccome gli indipendenti possono scegliersi la maglia, lui si allinea al via del Giro con quella da calciatore, stella bianca in campo nero, simbolo del Monferrato. Gli danno il numero 152. Si parte dal Velodromo Sempione, per 3429 chilometri di strade dissestate e allucinazioni assortite. La bici, va da sè, è l’amata Maino, quella degli spostamenti quotidiani, l’unica che abbia mai posseduto.

Prima tappa la Milano-Torino: Tico è 95esimo su 114 con 2 ore e 8 minuti di ritardo. Un giorno di riposo, poi 250 chilometri da Torino a Genova. Ogni tappa è un’ecatombe. Sono rimasti in gara in 94 e lui è 68°, sempre a due ore da Piemontesi che ha vinto entrambe le frazioni. Poi Ticozzelli decide: nei 312 chilometri della Genova-Firenze vado in fuga. Accade sul Passo del Bracco. Arrivato in cima con un’ora di vantaggio sul gruppo, va in crisi di fame. Allora si siede a un’osteria, posiziona il tavolino a bordo strada e si rifocilla con un pranzo pantagruelico, consumato chiacchierando coi tifosi che lo avvicinano. Quando il gruppo sopraggiunge lui riparte e a Firenze è 60°.

Alla quarta tappa il giallo: Tico è travolto da una moto e costretto al ritiro. C’è chi adombra un risvolto politico: con quella maglia nera lo avevano preso per fascista in una terra rossa. Non si seppe mai.

Quando nel 1946 gli organizzatori decisero di premiare l’ultimo arrivato del Giro, scelsero per lui la ‘maglia nera’, e si disse sempre che fu un omaggio allo sfortunato Ticozzelli e a quella casacca del Casale. Anche perché Tico, pur non classificandosi ultimo nel 1926, nel frattempo aveva perso un occhio combattendo in Africa Orientale nel 1935 ed era quasi cieco anche dall’altro. Ticozzelli morì nel 1962, ormai cieco da tempo.

Al funerale parteciparono mille persone, e diversi tifosi della Spal, con relativo gagliardetto ufficiale del club. Il premio alla maglia nera venne abolito presto, nel 1951, dopo appena sei attribuzioni. Aveva creato situazioni grottesche, dal celebre Malabrocca che partecipava col solo intento di andare a soldi arrivando ultimo, alle 124 ore di distacco di Pinarello nell’ultimo anno. Venerdì il Giro taglia la provincia di Ferrara in zona Argenta: chissà se si ricorderà dell’unico calciatore che vi abbia mai partecipato.