PAOLA OLMI
Cronaca

Abbadia di Fiastra e il tarlo asiatico: “Stiamo perdendo un tesoro di biodiversità”

Cosa fare se si incontra un coleottero sospetto. Il monito del botanico Taffetani (Politecnica delle Marche): “L’area è tutelata solo sulla carta, va ripresa una gestione attiva della selva”

Il tarlo asiatico del fusto e il parco dell'Abbadia di Fiastra

Il tarlo asiatico del fusto e il parco dell'Abbadia di Fiastra

Macerata, 18 agosto 2023 – L’allerta all’Abbadia di Fiastra per la presenza di un focolaio del tarlo asiatico del fusto, l’Anoplophora glabripennis Motschulsky, non si placa, anzi, come dice un consigliere della Fondazione Giustiniani Bandini “dovranno passare dei giorni per poter monitorare la zona e verificare che, come speriamo, la scoperta di questo insetto sia stata fatta in tempo e che la zona in cui lui sta agendo sia stata circoscritta. Si sta facendo tutto il possibile”.

L’autore di questa infestazione è un coleottero nero con delle macchiette bianche e delle lunghe antenne scure con anelli biancastri, lungo circa tre centimetri. Durante questo periodo alcuni esemplari hanno deposto le uova nei tronchi degli alberi dei due parcheggi all’ingresso del complesso cistercense. L’insetto in questione è originario della Cina e della Corea ma si sta diffondendo Europa, in particolare in Austria, Francia, Germania, Finlandia, Svizzera e, dal 2000, in Italia.

Il tarlo asiatico del fusto è innocuo per l’uomo poiché non punge, non è urticante e tantomeno di rilevanza medica ma è un vero e proprio flagello per piante e arbusti. Prevalentemente colpisce l’acero, la betulla, l’ippocastano, l’olmo, il pioppo, il salice e altre latifoglie. I primi casi di alberi infestati sono stati segnalati in Lombardia, poi in Toscana. Anche le Marche, a partire dal 2013, sono stati trovati dei focolai nei comuni di Grottazzolina, Magliano di Tenna, Ostra e Porto San Giorgio.

In caso di presenza sospetta di questi insetti alieni c’è da seguire queste semplici indicazioni:

  1. Contattare l’ufficio del Servizio Fitosanitario Regionale - al telefono 071 8081 per la sede regionale o allo 0733 233771 per la sede periferica di Macerata o per email all’indirizzo fit@assam.marche.it fornendo il nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, e-mail e luogo esatto del ritrovamento.
  2. Se possibile catturare il coleottero e conservalo nell’alcol in un contenitore chiuso.
  3. Sempre se possibile, per accertarsi di non averlo confuso con un’altra specie, fotografare l’insetto e inviare la foto al Servizio Fitosanitario Regionale.
  4. Non trasportare mai insetti vivi o materiale vegetale infestato.

L’intervista

Alla luce dei fenomeni infestanti all’interno della riserva naturale dell’Abbadia di Fiastra ad opera del tarlo asiatico del fusto, l’Anoplophora glabripennis Motschulsky, il Carlino ha incontrato il professore ordinario di Botanica all’Università Politecnica delle Marche, il maceratese Fabio Taffetani che da decenni studia e censisce la flora di questo importante polmone verde, mèta turistica obbligata e spazio rigenerante di tutto il Maceratese. "La selva dell’Abbadia di Fiastra è la più tutelata a livello regionale, perché l’unica ad essere stata, a suo tempo, area floristica, poi area Sic (Sito di interesse comunitario) compresa nella rete "Natura 2000" e ora riserva naturale".

Professor Taffetani, a quali pericoli causati da organismi alieni, oltre a quello di cui ci si è accorti in questi giorni all’Abbadia, si può andare incontro?

"La selva dell’Abbadia di Fiastra sembra godere di buona salute. Un pericolo, però, che interessa tutta la regione, è quello della grafiosi. Si tratta di una malattia provocata da un fungo ascomicete – che porta alla morte silenziosa della pianta – la cui diffusione è facilitata da un particolare genere di coleottero differente da quello in causa".

Da quanti anni è impegnato nello studio delle piante dell’Abbadia?

"Molti. Nel mio primo lavoro pubblicato nel 1990 abbiamo censito ben 924 specie di flora di notevole interesse con un numero significativo di specie rare e alcune esclusive. Un numero straordinario se si pensa che a quel tempo solo poche flore, ad esempio quella del parco nazione di Abruzzo, Lazio e Molise ne contava 1.200 ma aveva una vastità di oltre 300 volte superiore a quella dell’Abbadia".

Sull’argomento ha realizzato anche un altro lavoro, pubblicato a fine 2020, e cosa è emerso?

"Continuando a seguire la situazione mi sono reso conto che qualcosa non andava. Dalle nostre parti non esiste un’area di dimensioni relativamente limitate, 148,30 ettari, così tutelata ma lo è soltanto di nome perché di fatto tranne recenti tentativi, veramente maldestri, di limitazione della diffusione del pungitopo non ci si è resi conto che si sta perdendo in modo drammatico la biodiversità che faceva di quest’area un vero e proprio tesoro".

A cosa fa riferimento?

"Durante gli ultimi trent’anni il bosco dell’Abbadia di Fiastra è stato lasciato all’evoluzione naturale, che di fatto ha comportato una riduzione della biodiversità, probabilmente attribuibile alla progressiva chiusura del bosco non più sottoposto a un regolare utilizzo, e alla distruzione di parte della vegetazione ecotonale (orli e mantelli forestali) a causa della graduale, ma continua espansione delle superfici coltivate fino a lambire gli alberi del bosco. Anche gli ambienti freschi del fosso hanno subito nel tempo pesanti rimaneggiamenti per l’aumento degli animali selvatici che vanno ad abbeverarsi, favoriti dalla chiusura del bosco".

La riserva naturale dell’Abbadia rimane sempre una zona preziosa sotto il profilo fitogeografico?

"Certamente. Nonostante alcune parti abbiano subito gli effetti negativi dell’intervento antropico, l’area ha un notevolissimo valore perché rappresenta uno dei pochi boschi mesofili residuali del settore collinare esterno delle Marche".

Cosa sarebbe utile programmare per tutelare la riserva naturale?

"Prevedere la ripresa di una gestione attiva della selva, se necessario anche con diradamenti e tagli selettivi; la ricostituzione degli ecotoni, che rivestono un ruolo fondamentale per la biodiversità; interventi di manutenzione con ripristino della rete dei sentieri; un rigoroso controllo faunistico e una fruizione turistica regolamentata".