Il tentato omicidio sui monti. "Prima la lite, poi la coltellata. Tenevo mio figlio per mano, ho pensato solo a proteggerlo"

Pieve Torina, arrestato un allevatore di 63 anni per l’aggressione a un cacciatore 45enne. Ferito il fiuminatese Luca Donati: "Eravamo lì per addestrare i cani, lui diceva che era casa sua. Ci ha aizzato contro dei pastori maremmani. I medici dicono che sono fortunato: potevo morire"

Il fiuminatese Luca Donati, 45 anni, su un letto del pronto soccorso di Camerino; a destra, con il figlio

Il fiuminatese Luca Donati, 45 anni, su un letto del pronto soccorso di Camerino; a destra, con il figlio

Accusato di tentato omicidio, questa mattina potrà dare la sua versione Giancarlo Ricottini, il 63enne di Pieve Torina che giovedì pomeriggio ha ferito alla schiena Luca Donati, cacciatore fiuminatese di 45 anni. Quest’ultimo era andato in località Fiume di Pieve Torina con i familiari per addestrare un cane da caccia. Sarebbe però arrivato Ricottini, con i cani maremmani. Il fiuminatese gli avrebbe chiesto di allontanarli, perché spaventavano suo figlio, un bimbo di sei anni che era al fianco del padre. Ricottini avrebbe detto all’altro di andarsene, visto che erano sul suo terreno. La discussione sarebbe proseguita fino a quando il 63enne avrebbe estratto un coltello di Pattada, un tipico coltello da pastore sardo, e lo avrebbe colpito sotto alla scapola. Il 45enne è stato portato all’ospedale di Camerino, per fortuna non è in pericolo di vita ma il medico che lo ha visitato ha dichiarato che il colpo avrebbe potuto essere letale. Per questo, come disposto dal sostituto procuratore Enrico Riccioni, i carabinieri di Camerino hanno arrestato Ricottini e lo hanno portato in carcere a Montacuto, con l’accusa di tentato omicidio. Oggi per lui in tribunale a Macerata ci sarà l’udienza di convalida dell’arresto.

Paola Pagnanelli

Macerata, 13 aprile 2024 - “Mi ha accoltellato mentre tenevo mio figlio di sei anni per mano. È stata una follia: i medici mi hanno detto che ho rischiato di morire. Mi è andata bene perché grazie alla mia corporatura robusta la lama non è arrivata ai polmoni. Avevo un gran dolore ed ero tutto insanguinato, ma in quei momenti ho pensato solo a proteggere mio figlio". Luca Donati parla da una stanza del pronto soccorso dell’ospedale di Camerino, dove è stato portato nel tardo pomeriggio di giovedì dopo essere stato accoltellato da un allevatore di 63anni sulle montagne di Pieve Torina. Il cacciatore fiuminatese, 45 anni, parla con voce affaticata: è sofferente per la ferita al torace e per un brutto ematoma sotto al costato. Ma la sua prima preoccupazione è per il figlioletto di sei anni, che ha rischiato seriamente di veder morire suo padre.

Donati, cosa è successo giovedì pomeriggio?

"Eravamo a 1.100 metri all’interno dell’azienda faunistica Collerosso, sulle montagne attorno a Pieve Torina. Ero con mio figlio di sei anni e un amico di 76 per addestrare dei cani, quando questa persona ha cominciato a urlare contro di noi, aizzandoci contro tre pastori maremmani. Diceva che non potevamo stare lì, che quei terreni erano suoi, che lui era il padrone di tutto e dovevamo andarcene".

Eravate in una proprietà privata?

"No, quella zona fa parte di una riserva privata frequentata da tanti cacciatori: pago mille euro l’anno per poter andare a caccia e addestrare i cani in quella zona. Lui ha cominciato a insultare il mio amico, una persona anziana, e io sono intervenuto a difenderlo. Il mio compagno di uscita diceva: vabbè, c’è tanto spazio, ci spostiamo. Ma quello continuava, nonostante la presenza di un bambino di sei anni".

Poi c’è stata l’aggressione. Come sono andate le cose?

"Io non avevo niente che potesse essere una minaccia per quell’uomo, né il fucile né un coltello: niente. Avevo in una mano il telefonino per riprendere l’addestramento dei cani. Dopo la lite, all’improvviso quell’uomo si è lanciato come un lupo contro il mio amico, sventolandogli il coltello in faccia. Io ho preso mio figlio per mano, non pensavo che di fronte a un bambino potesse fare qualcosa. Mi dicevo: mica sarà matto!? Ma il mio amico mi ha gridato: “Luca, attento che ha un coltello“. E proprio quando mi stavo voltando l’aggressore con la sua destra mi ha colpito con una lama di quindici centimetri ben affilata".

A quel punto che cosa è successo?

"Nonostante il dolore, non mi sono potuto accasciare, mi sono rialzato subito per non spaventare mio figlio. Quando l’aggressore ha visto che ero ancora in piedi, è scappato come un missile. Non so cosa avrebbe potuto fare se fossi rimasto a terra".

Ma lei conosceva quella persona?

"L’avrò vista qualche volta andando in quelle zone, ma non la conoscevo. Non avevo avuto mai niente a che fare con questa persona".

È riuscito a chiamare subito i soccorsi?

"No, perché in quella zona i telefoni non prendono, non c’è campo. E poi l’ambulanza non sarebbe mai potuta arrivare lassù. Soprattutto non volevo spaventare mio figlio. Gli ho detto: “Visto? Non è successo niente, andiamo“. Abbiamo fatto duecento metri a piedi per arrivare alla macchina, poi ho guidato per otto chilometri fino al paese con il sangue che mi colava lungo il corpo, fino agli scarponi: sono stati gli otto chilometri più brutti della mia vita. Cercavo di coprirmi per non impressionare mio figlio: è allucinante quello che ho dovuto fare per non farlo spaventare. Ho perso tanto sangue. Quando i soccorritori mi hanno visto, mi hanno detto: “Ma come hai fatto ad arrivare fino a qui?“.

Che cosa le hanno detto i medici?

"Che la mia fortuna è che sono grosso e la gabbia toracica ha frenato il colpo. Se mi avesse preso il polmone, sarei morto lì. Per fortuna mi ha colpito mentre mi giravo".

Come sta adesso?

"Con la morfina va meglio, riesco a sedermi. Ho passato la notte in piedi perché disteso sentivo troppo dolore. Ma al di là del dolore fisico, le preoccupazioni sono per mio figlio. Alla fine è andata bene, poteva esserci un orfano".

Come sta il bambino?

"È stato un leone. Ha capito la situazione e si è comportato come un ometto. Gli piacciono tanto i cani, era la seconda volta che veniva e va’ a pensare che su una montagna a 1.100 metri trovi uno che ti accoltella".