MAURO GRESPINI
Sport

L’highlander argentina: “In campo a 48 anni e non voglio smettere”

Il giro del mondo dalla Nazionale a Matelica, Carolina Sanchez gioca in serie A2. “Posso portare la mia esperienza, dando qualche consiglio alle più giovani”

Carolina Sanchez il 5 gennaio ha compiuto  48 anni  e da 34 gioca ad alto livello: è una colonna della Halley Thunder Matelica in A2

Carolina Sanchez il 5 gennaio ha compiuto 48 anni e da 34 gioca ad alto livello: è una colonna della Halley Thunder Matelica in A2

Macerata, 19 gennaio 2024 – Il 5 gennaio ha compiuto 48 anni. Due giorni prima era tornata dall’Argentina dopo una breve luna di miele col suo Ernesto: si sono sposati il 27 dicembre a Mendoza, città da cui tutto è cominciato. È una fiaba dello sport quella che vede protagonista Carolina Sanchez, cestista di fama internazionale approdata in estate alla Halley Thunder Matelica in A2. La sua longevità agonistica è straordinaria.

Carolina, partiamo dalla fine: è vero che nessuno sapeva delle nozze?

"Era una sorpresa – racconta – e ho cercato di mantenere il segreto fino all’ultimo. Il 23 dicembre sono volata oltre oceano e dopo Natale mi sono sposata. Avevo accanto la mamma e i familiari. Poi la festa con gli amici in piena estate”.

E all’Epifania era di nuovo in campo.

“È normale. La squadra va bene, è quarta in classifica e per la prima volta andrà alle finali di Coppa Italia. Ora lamenta qualche acciacco, bisogna fare quadrato”.

Che effetto le fa giocare con ragazzine di 18 anni?

"A Matelica sento la fiducia di tutto l’ambiente e per me è un motivo di orgoglio. Mi diverto sia in allenamento che in partita. Posso portare la mia esperienza, dando qualche consiglio alle più giovani”.

E le avversarie?

“Soltanto un paio di anni fa mi sentii dire ‘vecchia’: ero nel mio paese, durante un torneo. Si sa, nemo propheta in patria!”

Ha mai pensato di smettere?

"Parecchie volte, ma andrò avanti fino a quando il mio fisico me lo permetterà. Spero quindi di continuare a dare fastidio in campo e ancora per un bel po’...”

 Lei gioca ad alto livello da 34 anni, ha vinto uno scudetto in Italia col Priolo nel 2000, ha vestito la maglia dell’Argentina partecipando anche a tre Mondiali (2002, 2006 e 2010), è stata protagonista pure in Uruguay, Cile, Ecuador, Spagna, Portogallo e...

"E Golfo Persico. È successo quando i Paesi arabi sono stati chiamati ad aprire il mondo dello sport, compreso il basket, anche alle donne sulla spinta dell’assegnazione dei mondiali di calcio al Qatar”.

Adesso inoltre allena, giusto?

"Sì, l’under 15 maschile a Fabriano. È la prima volta che i ragazzi hanno un coach femmina, si stanno abituando e insieme lavoriamo per costruire un bel gruppo. Il Covid li ha messi ko, devono ritrovarsi. Cerco di trasmettere la mentalità giusta per allenarsi con sacrificio e passione”.

Come lei quando arrivò in Italia?

"Giunsi a Palermo a 14 anni, feci lì il settore giovanile. Ricordo come se fosse oggi la strage di Capaci del maggio ‘92 in cui morì Falcone. Col pullman della squadra eravamo passate lì un’ora prima dell’attentato. Fu uno choc. Alla fine della stagione andai a casa, quando fu ucciso Borsellino ero a Mendoza. Mia mamma non voleva che tornassi in Italia, ma mio padre lasciò decidere me. Era stato un forte calciatore, ma i familiari non sostennero la sua carriera e non voleva fare lo stesso errore. Tornai e da lì tutto ebbe inizio”.

La vittoria più bella?

“Con l’Argentina nella sfida che valeva il pass per i mondiali in Cina (2002). Battemmo il Canada per 51 a 50 grazie a una mia tripla sul suono della sirena”.