{{IMG_SX}}Modena, 18 febbraio 2009. MENTRE centinaia di persone piangevano Giulia Galiotto a San Michele, il marito Marco Manzini veniva operato per lunghe ore all’ospedale di Sassuolo. Il 34enne perito tecnico è stato sottoposto a un’operazione per ridurre la frattura scomposta alla mano sinistra, quella che con ogni probabilità si è procurato nel colpire la sua donna a morte, con una pietra, nella tarda serata di mercoledì. L’intervento è stato effettuato dagli specialisti di Ortopedia mentre l’uomo veniva piantonato dagli agenti. Solo nella serata di lunedì Manzini è stato portato nuovamente in carcere.

 

L’ACCUSATO di uxoricidio, secondo quanto riferiscono i suoi legali Roberto Ghini ed Elena Bompani, è estremamente prostrato e non sa darsi pace. Dopo aver raccontato sabato al gip e al pm Domenico Ambrosino di come ha colpito la moglie a San Michele dei Mucchietti e come l’abbia poi buttata nel rio Ardinale, il 34enne si è chiuso in silenzio. Ma è già stata fissata la data dell’interrogatorio dal magistrato dopo che è già stato convalidato il fermo. Avverrà sabato mattina, e forse emergeranno più chiaramente le motivazioni che hanno portato Manzini prima ad agire con tanta violenza, poi a inscenare il suicidio di Giulia lasciando tracce dietro di sé. La gelosia e un matrimonio ormai in frantumi sarebbero tuttavia alla base dell’omicidio.

 

INTANTO, la comunità sassolese continua a interrogarsi su questo fatto tanto cruento quanto imprevedibile. La toccante cerimonia funebre che lunedì ha richiamato una folla a San Michele per l’addio alla Galiotto, se possibile, ha acuito il senso di mistero per l’uccisione della 30enne. Il ricordo di don Ermes Macchioni, le parole degli amici di Giulia, l’abbraccio tra le due famiglie coinvolte nella tragedia hanno infatti accresciuto l’insondabilità di quanto è successo. Che la coppia conoscesse un momento di crisi pare ora innegabile, ma non c’erano segnali evidenti di una situazione indirizzata alla tragedia. E il carattere sempre garbato del marito, come quello gioioso della Galiotto, parevano fare da scudo a qualsiasi soluzione estrema. Come quella che è arrivata e ha sconvolto chiunque li conoscesse.

 

TRA gli aspetti che l’indagine sull’omicidio di Giulia Galiotto si dovranno chiarire, c’è l’eventuale premeditazione dell’assassinio. Potrebbero suggerirlo la telefonata di Manzini per richiamare la donna nel garage dove l’ha uccisa, la messinscena del suicidio, l’esibizione di un biglietto malinconico scritto quattro anni prima dalla donna. Ma il 34enne si è tradito piuttosto banalmente lasciando tracce di sangue in auto e nei punti in cui ha trascinato la moglie morta. La pietra con cui l’ha colpita non è mai stata trovata.