CronacaLa lotta al virus in prima linea "Così ci trovammo a combattere contro un nemico sconosciuto"
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ALBERTO GRECO
Cronaca

La lotta al virus in prima linea "Così ci trovammo a combattere contro un nemico sconosciuto"

I ricordi di Serena Borlacchini, coordinatrice della Terapia Intensiva all’ospedale di Carpi "I pazienti ricoverati erano tutti positivi, mettemmo i letti anche nelle sale operatorie".

La lotta al virus in prima linea  "Così ci trovammo a combattere  contro un nemico sconosciuto"
La lotta al virus in prima linea "Così ci trovammo a combattere contro un nemico sconosciuto"

di Alberto Greco

Ospedali sold out e pazienti perfino nei corridoi; sirene di ambulanze che risuonavano quasi in continuazione; 2.485 vittime solo nel modenese alla fine della emergenza in conseguenza dell’epidemia da Covid-19. Ieri, in ricordo delle tante vittime di quelle giornate di due anni fa, l’Azienda Usl e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e l’Ospedale di Sassuolo hanno osservato alle 12.00 un minuto di silenzio a suffragio per quella che è diventata una Giornata in memoria istituita nel 2022 e che coincide col giorno in cui, nel 2020, i mezzi dell’Esercito contribuirono allo spostamento a Bergamo delle centinaia di bare depositate all’esterno del cimitero. Per questo le parole di Serena Borlacchini, coordinatore infermieristico del reparto Terapia intensiva dell’Ospedale "Ramazzini" di Carpi alla luce degli episodi di aggressione sempre più frequenti, cui oggi sono spesso fatti oggetto i sanitari, devono aiutarci a riflettere.

Borlacchini cosa si porta dentro di quelle giornate?

"Sicuramente la preoccupazione per i nostri pazienti per quello che stava accadendo. Praticamente non era chiaro a nessuno a cosa saremmo andati incontro. Poi, la preoccupazione per i miei famigliari e per il personale della rianimazione impegnato contro una malattia sconosciuta".

Quando vi siete resi conto della forza devastante del covid?

"Fin da quando si è cominciato in ospedale a fare i primi screening, ci si è resi conto che i pazienti che entravano erano tutti positivi. Degli otto ospiti della terapia intensiva, a parte un ragazzo che siamo riusciti a trasferire e non era positivo al covid, i restanti 7 box erano tutti occupati da pazienti covid".

Avete incontrato difficoltà a gestire la situazione?

"Sicuramente sì. Per l’elevato numero di pazienti abbiamo dovuto raddoppiare i posti letto portandoli a 16. Dopo poco tempo sono stati aperti altri due posti in rianimazione e altri nelle sale operatorie. Si è dovuta affrontare una riorganizzazione del reparto con disagi per circa 2 mesi".

Quali ricordi si porta dentro di quelle giornate convulse?

"La preoccupazione di gestire una cosa che non sapevamo fosse così grande. Per i nostri pazienti noi diventavamo per tutti un poco parte della loro famiglia".