MAURIZIO GENNARI
Cronaca

L’ex ospedale psichiatrico. I segni di dolori lontani e il degrado in ogni angolo. Ora il San Benedetto rinasce

Il Comune apre le porte per battezzare i lavori da 15 milioni su un terzo della struttura. E nell’abbandono spuntano anche le diagnosi dei malati che vissero dentro queste mura.

Il Comune apre le porte per battezzare i lavori da 15 milioni su un terzo della struttura. E nell’abbandono spuntano anche le diagnosi dei malati che vissero dentro queste mura.

Il Comune apre le porte per battezzare i lavori da 15 milioni su un terzo della struttura. E nell’abbandono spuntano anche le diagnosi dei malati che vissero dentro queste mura.

Svolazzano in terra ancora, dentro il San Benedetto, l’ex ospedale psichiatrico, i fogli con le diagnosi e le cure dei pazienti. Tutti scritti a mano. Nello scalone che dall’androne conduce al primo piano nessuno ha toccato una ringhiera che sporge verso l’esterno per evitare che i malati psichiatrici si gettassero di sotto. Sono le poche tracce che sopravvivono dall’avvento della legge Basaglia, ormai mezzo secolo fa, che chiuse questi ricoveri per il trattamento dei malati di mente. Di tutto il resto non c’è più nulla perché sono stati saccheggiati i mobili, saccheggiato il giardino dalle sedute e dei tavoli in ferro battuto. Il tempo ha ‘spappolato’ i dipinti dei primi Ottocento che ornavano le pareti della sala delle colonne ed anche i corridoi d’accesso con le volte a crociera. Il resto? Piccioni morti, gatti ormai mummificati, giardini-foresta. Il pesante segno del trascorrere del tempo: ai piani superiori i solai traballano, intere parti del tetto sono cadute, piove dentro. La cappella ha la cupola crollata, una trave portante spezzata: un cumulo di macerie. Poi si aprono spazi che non hanno nulla da invidiare ai colonnati del chiostro di San Giovanni, o a quello del giardino di palazzo Ducale. Uno ha anche un grande pozzo centrale. Di grande respiro quello che apparteneva al convento delle suore la cui costruzione affonda nel Seicento. Imponente come il suo degrado, il San Benedetto. Qualcosa di moderno è rimasto: le incursioni notturne dei ragazzini che hanno imbrattato di scritte, come sotto il cavalcaferrovia, anche le pareti della cappella, dove si è salvato un portale con i busti dei benefattori.

Ieri ha aperto le porte questa grande carcassa abbondonata perché l’amministrazione ha consegnato le chiavi, per la parte di sua competenza, all’impresa che ha vinto l’appalto: sul tavolo 16 milioni di euro per ristrutturare 5500 metri quadrati su un totale di 17mila. Perché l’area del San Benedetto, dall’entrata del Corso, passando dai giardini interni, che secondo alcuni erano della mano di Gerolamo Genga, con la sua parte finale (la lavanderia) va a lambire la biblioteca San Giovanni.

Parte questo cantiere che andrà a ristrutturare solo una parte minima della struttura: sul fronte che dà verso via Mammolabella e su via Belvedere verranno ricavati 38 appartamenti di edilizia economica popolare e verranno inoltre recuperati 700 metri quadrati che danno verso il Corso che andranno per uffici e servizi dell’azienda sanitaria provinciale. Una parte dell’area recuperata sarà destinata a spazi pubblici ponendo attenzione in particolare all’artigianato e alla creatività. Il sindaco Andrea Biancani, che era affiancato dal vicesindaco Daniele Vimini e dall’assessore alle nuove opere Riccardo Pozzi, oltre ai tecnici dell’amministrazione e al personale dell’impresa, ipotizzava di ricavarci anche un ristorante per rivatalizzare questa parte del centro storico.

m.g.