Miralfiore, viaggio nello spaccio: "L’operazione ‘trincia tutto’ ha solo danneggiato il bosco"

Pipe artigianali per fumare il crack, fazzoletti insanguinati, siringhe: quello che abbiamo trovato. Andrea Fazi: "Potato tutto senza fare scelte razionali". Belloni: "Fenomeno dimezzato"

Andrea Fazi e Giulia Galli, nel parco: una delle siringhe trovate nel nostro viaggio, sotto il tavolo dei tossici, con cucchiaino

Andrea Fazi e Giulia Galli, nel parco: una delle siringhe trovate nel nostro viaggio, sotto il tavolo dei tossici, con cucchiaino

Pesaro, 30 marzo 2024 – Miralfiore colpito al cuore: il nostro viaggio nelle terre selvagge dello spaccio dove l’ ‘operazione trinciatutto’ fatta dal Comune di concerto con le forze dell’ordine "non ha scalfito il fenomeno". È l’allarme lanciato da Andrea Fazi, guida naturalistica e memoria storica del parco che descrive i boschi spogliati non solo del loro fascino ma anche della funzione ambientale. "Sono passati con il trinciatutto fino a un paio di settimane fa senza criterio, tagliando centinaia di arbusti. I boschi del parco sono irriconoscibili. Abbiamo perso delle funzioni sistemiche fondamentali quali l’assorbimento dell’anidride carbonica, l’ombreggiamento del terreno, il filtro alle polveri sottili, la barriera acustica e la biodiversità floro-faunistica". Il taglio degli alberi e del sottobosco è stata un’operazione condotta sia nella parte più vicina alla stazione che in quella che fa angolo tra via Costa e via Cimarosa e che è stata aspramente contestata dai cittadini del sodalizio ‘la voce del Miralfiore’ che racchiude, al proprio interno, Lipu, Lupus in fabula, Secus, Gruppo zero e Wwf.

È proprio nella zona boschiva all’angolo tra via Costa e via Cimarosa che continua a concentrarsi il fenomeno dello spaccio, come testimoniano le tantissime tracce del passaggio dei tossicodipendenti e dal via vai continuo di venditori e clienti osservati dai residenti. Passeggiando in quello che una volta era un bosco frondoso si trova di tutto: siringhe conficcate nel terreno, fazzoletti sporchi di sangue fresco e pipe artigianali per fumare il crack realizzate con bottigliette di plastica dove, al posto del tappo, viene messo un pezzo di carta stagnola forato in cui viene appoggiata la sostanza che verrà scaldata: i vapori vengono inalati tramite una cannuccia inserita di lato. E negli ampi spazi liberi dove prima c’era una fitta vegetazione si possono trovare anche cucchiai di metallo utilizzati per scaldare l’eroina. I tronchi degli alberi tagliati vengono utilizzati come sedute per iniettarsi la droga più comodi. Sacchi dell’immondizia pieni di rifiuti non mancano, e poi confezioni di siringhe, flaconi di preparati farmaceutici per preparare sostanze iniettabili e pezzi di stagnola bruciata.

Ora i trinciatutto si sono fermati perché, in base alla normativa nazionale, va concessa una tregua per la nidificazione degli uccelli – racconta Andrea Fazi -, ma è stato tagliato di tutto senza operare una scelta razionale che avrebbe suggerito, ad esempio, di togliere alberi secchi e lasciare quelli sani, magari rompendo le file del rimboschimento e creando uno spazio visuale diverso. Hanno tagliato anche decine di olmi, la siepe del poncirus e anche i prati vengono sfalciati ancor prima che le erbe spontanee possano fiorire". "La soluzione allo spaccio non può essere quella di tagliare gli alberi – osserva Giulia Galli, docente e membro dell’associazione -: occorre trovare una via più globale di educazione dei giovani, prevenzione e luoghi di aggregazione". Di opinione diversa l’assessore Enzo Belloni che, in un recente incontro contro la droga, aveva illustrato i benefici apportati dall’operazione. "Abbiamo dato una bella sfalciatura – commentava l’assessore – ora il fenomeno è più che dimezzato".