Omicidio di Pierpaolo Panzieri, il fratello: "Ditemi chi è stato e perché l’ha ucciso così"

L’appello disperato di Gianmarco. Per primo lo ha visto senza vita: era andato a casa sua perché non rispondeva. "Con una spallata ho aperto la porta, ho seguito le tracce di sangue, l’ho trovato in bagno. Allora ho chiamato l’ambulanza"

Pesaro, 22 febbraio 2023 – Mio fratello era benvoluto da tutti, non so perché sia stato ucciso in modo così atroce. Non ne posso più, sto solo aspettando che mi dicano chi è stato e perché. Perché ce lo abbia portato via così". Incredulo, sconvolto, la voce spenta dal dolore, gli occhi di Gianmarco, unico fratello di Pierpaolo Panzieri, sono stati i primi ad affacciarsi sull’orrore ieri mattina oltre la porta della casetta bianca di via Gavelli, al civico 19 (video). Lì, in quel vicolo cieco, a due passi dal Conservatorio Rossini, dove il fratello Pierpaolo era entrato da appena 20 giorni (foto).

"Non si è presentato al lavoro – racconta Gianmarco – così l’ho chiamato, ma non mi ha mai risposto". Pierpaolo lavorava nella ditta di famiglia, la Tagliocemento con sede a Vallefoglia. E di fronte a quel suo silenzio inspiegabile, il fratello ha telefonato alla proprietaria dell’appartamento. La quale non aveva altre chiavi della casa. Così ha detto a Gianmarco di sfondare la porta se continuava a non ricevere risposta.

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"E io l’ho fatto – continua Gianmarco – sono arrivato verso le 10 e con una spallata l’ho aperta". E ha subito capito. "C’era tanto sangue e ho seguito le tracce che mi hanno portato fino al bagno. Lì c’era mio fratello. Ho chiamato l’ambulanza e poi tutti gli altri". Ma purtroppo, per Pierpaolo non c’era più nulla da fare. Poco dopo, sono arrivati anche gli altri famigliari. E la via si è riempita di dolore e lacrime. Ma soprattutto di perché. Di domande, ma senza risposte. Almeno fino a ieri sera tardi. "Siamo stati in Questura – continua – abbiamo detto tutto quello che potevamo sapere. Poi siamo ritornati a casa. E qui aspettiamo di avere risposte. Lui andava d’accordo con tutti. E amava la musica".

Pierpaolo univa la passione per il lavoro a quella, ancora più grande, per le sette note. Suonava la tromba, la chitarra e anche il pianoforte. "Andava a lezioni di tromba da un maestro a Fano. Non faceva del male a nessuno".

E aveva tanti amici, quelli di sempre. Gli amici del Salotto di via Cavour, il loro punto di ritrovo. Erano tutti lì ieri mattina. Sono arrivati alla spicciolata. Prima uno, che appena ha sentito il nome della vittima, è sbiancato in volto, si è appoggiato al muro di una casa: "No, non può essere lui, non è vero" ha pronunciato a labbra socchiuse per affacciarsi poi sulla strada della tragedia, buttando lo sguardo perso oltre il nastro bianco e rosso della Polizia, fissando sgomento le tute bianche della Scientifica che entravano e uscivano dall’appartamento, nel via vai incessante di agenti, vigili del fuoco, residenti e curiosi. Poi sono arrivati anche gli altri. E sono scoppiati a piangere, si sono abbracciati e allontanati dal teatro di quella tragedia. "Ci aveva invitato a cena sabato sera, ma ormai avevamo preso un altro impegno. Ma perché non siamo andati?", si dispera una di loro.

"Pierpaolo era buonissimo – raccontano le sorelle di uno degli amici, arrivate per consolare il fratello in lacrime – era il classico ’bonaccione’ del gruppo. Aveva questa erre moscia che lo rendeva ancora più simpatico e su cui scherzavano. Giri strani? Assolutamente no. Un ragazzo sano, amante del lavoro, della musica". E della vita. Lo scrive lo stesso Pierpaolo in uno dei suoi post su Instagram: "Non c’è giorno in cui non penso alla morte…non c’è giorno in cui non vivo la vita", la frase che accompagna una sua foto con un calice in mano e occhiali da sole.