Prete indagato per abusi su minore, il vescovo di Pesaro: “La prima denuncia a noi"

Sant’Angelo in Vado, la villa del sacerdote perquisita dalla polizia. Inchiesta tra Italia e Svizzera per violenza sessuale su minore. L’Arcidiocesi: "Segnalazione fatta al nostro sportello di ascolto"

Da sinistra il prete Roberto Pellizzari, al centro la villa posta sotto sequestro e a destra il vescovo Sandro Salvucci

Da sinistra il prete Roberto Pellizzari, al centro la villa posta sotto sequestro e a destra il vescovo Sandro Salvucci

Pesaro, 18 aprile 2024 – I pezzi del puzzle sul giallo della villa dei misteri a Sant’Angelo in Vado si stanno lentamente componendo formando l’immagine che nessuno vorrebbe vedere: abuso sessuale su minore. E’ arrivata ieri mattina, infatti, la conferma da parte dell’arcidiocesi di Urbino, Urbania e Sant’Angelo in Vado, che fa capo, come quella di Pesaro, a monsignor Sandro Salvucci, riguardo il caso di presunta violenza sessuale che si sarebbe consumato nella piccola comunità vadese, anticipata ieri dal Carlino.

E’ la clamorosa svolta sul giallo della villa di via Piobbichese, di proprietà del sacerdote 63enne Roberto Pellizzari, attualmente residente in Svizzera a Le Locle, nel cantone Neuchatel.

Il sacerdote era tornato in Svizzera da un paio d’anni dopo averne trascorsi circa tre al fianco della mamma malata che accudiva nella villa insieme a una badante. Sabato scorso la Procura aveva disposto il sequestro della villa e gli agenti di polizia della scientifica di Ancona sono stati impegnati per molte ore ad effettuare rilievi nell’abitazione, alla ricerca di eventuali tracce biologiche.

La diocesi ha affidato ieri mattina alcuni chiarimenti sulla vicenda legata a doppio filo a quanto riportato nell’ottobre scorso dalla stampa elvetica. "L’arcidiocesi è stata raggiunta nei mesi scorsi, tramite lo sportello di ascolto nell’ambito del servizio di tutela dei minori e delle persone adulte vulnerabili, da una segnalazione di un caso di abuso su minore da parte di un sacerdote svizzero temporaneamente residente per motivi personali a Sant’Angelo in Vado".

E’ stato lo stesso arcivescovo ad avviare le procedure canoniche previste in questi casi e l’ha fatto immediatamente, senza temporeggiare. "L’Arcivescovo – si legge nella nota – ha subito segnalato la situazione al Dicastero per la Dottrina della Fede e ha contattato il Vescovo svizzero di Losanna, Ginevra, Friburgo".

L’arrivo di otto agenti della scientifica di Ancona, in tuta bianca e con gli strumenti tecnici per i rilievi, aveva gettato non poco scompiglio tra gli abitanti di Sant’Angelo in Vado che, da sabato, si chiedevano quale fosse il motivo di un simile sforzo investigativo. Da parte della procura di Urbino che ha avviato l’indagine e da parte del Commissariato le bocche erano più che cucite, meglio dire serrate.

L’arcidiocesi, tuttavia, ha deciso di far luce almeno in parte sul giallo rivendicando la propria ferma condanna di "ogni forma di abuso, specie se ne sono protagonisti uomini di chiesa". La diocesi ribadisce il proprio impegno a lavorare affinché possa essere fatta luce al più presto sui fatti "e si giunga a stabilire la verità e la giustizia per il bene delle persone coinvolte, con particolare attenzione alla presunta vittima. La nostra diocesi ha compiuto e compirà tutti gli atti previsti dalla legislazione vigente, in piena sintonia con il Dicastero per la Dottrina della Fede e con l’Autorità Giudiziaria civile. Si ribadisce che tali atti sono coperti dal segreto d’ufficio in considerazione della tutela del buon nome di tutte le persone coinvolte e della vigenza del principio giuridico di presunzione di innocenza fino a prova contraria".

E le conferme riguardo la vicenda arrivano anche dal procuratore generale svizzero del cantone di Neuchatel Pierre Aubert, contattato ieri dal giornalista svizzero Nicolas Willemin della testata "Le nouvelliste". La Procura svizzera, infatti, aveva ricevuto un messaggio dall’episcopato di Losanna, Ginevra e Friburgo, trasmesso dall’arcivescovado di Urbino, che la informava del sospetto che un sacerdote attualmente residente nel Cantone di Neuchâtel avesse commesso reati sessuali in Italia.

Il procuratore ha chiesto ulteriori informazioni alle autorità ecclesiastiche italiane, che gli hanno risposto di aver aperto un procedimento ecclesiastico interno. Aubert ha quindi comunicato alle autorità giudiziarie italiane che la Procura di Neuchâtel è a disposizione per eseguire eventuali richieste di assistenza reciproca.