Stefano Bonaccini: "Europee, io a disposizione del Pd. Elly? Decida lei se candidarsi. Ma ci sia più di un capolista"

Il governatore dell’Emilia-Romagna e presidente dei dem: non siamo il partito di un capo solo al comando. "A Firenze va trovata una sintesi per il centrosinistra unito. Divisi in Sardegna? Soru fa un regalo alla destra"

Bologna, 6 gennaio 2024 – Stefano Bonaccini, presidente del Pd e dell’Emilia-Romagna, Giorgia Meloni è pronta a candidarsi alle Europee che potrebbero diventare "un test democratico molto interessante". Anche la segretaria Elly Schlein si dovrebbe o potrebbe candidare?

"Certo che potrebbe, ma la valutazione spetta anzitutto a lei".

Ma anche come capolista in tutti i collegi?

"Questo sarebbe sbagliato. A differenza di Fratelli d’Italia, non siamo il partito di un capo, di un uomo o una donna sola al comando. E disponiamo di una classe dirigente credibile nei territori. Meloni a mio parere ha invece il problema opposto: rappresenta la guida monocratica di un partito che non brilla per gli esponenti che può mettere in gioco e che, a volte, sono motivo di imbarazzo per la premier, come vediamo anche in questi giorni".

Lei, presidente, ha più volte detto di essere a disposizione del Pd. Dunque anche per l’impegno delle Europee?

"Il mio impegno adesso è per l’Emilia-Romagna: il prossimo autunno saranno 10 anni di governo molto impegnativo di una Regione che ha raggiunto i vertici nazionali per economia, welfare, innovazione, nonostante le emergenze che ci hanno colpito. Poi, come sempre, credo di dover fare ciò che si ritiene utile, non ciò che preferisco o mi convenga personalmente: sono a disposizione del mio partito, mai chiesto nulla per me".

Stefano Bonaccini, 57 anni, presidente del Pd e governatore dell’Emilia-Romagna
Stefano Bonaccini, 57 anni, presidente del Pd e governatore dell’Emilia-Romagna

L’Emilia-Romagna si trova in un momento delicato e lei non può per ora ricandidarsi per un terzo mandato. Pensa che Roma potrebbe ripensarci? E la sua segretaria la sostiene?

"Ho ascoltato la presidente Meloni e si è capito che non ha voluto rispondere. Per me il limite dei due mandati è un’anomalia tutta italiana e qui vale solo per sindaci e presidenti di Regione. Negli altri Paesi sono i cittadini, col loro voto, a decidere se uno ha fatto bene o male. Bene che l’anomalia venga superata per la gran parte dei sindaci, auspico lo si faccia anche per grandi città e Regioni. Credo che Elly sia d’accordo, ma tocca al governo uscire dall’ambiguità".

Oltre alle Europee a giugno si terranno le Amministrative. In molte città, anche in Emilia-Romagna, potrebbe non essere usato lo strumento delle primarie e ci sono diverse sfide-chiave. È d’accordo o no?

"Le primarie sono uno strumento: se serve ad allargare la coalizione e a scegliere tra proposte differenti è utile; se serve invece a regolare conti interni a un partito non fanno bene. La cosa importante è scegliere insieme alle altre forze politiche e civiche, guai a trasformare le primarie in un congresso del Pd".

A Firenze la partita si sta complicando. Ha senso rimettere in discussione il nome di Sara Funaro o sarebbe un suicidio? E cosa significherebbe per il Pd una sconfitta?

"Firenze è una città ben amministrata e credo ci siano tutte le condizioni per vincere bene. Naturalmente è indispensabile unire il centrosinistra: il Pd ha avanzato una proposta autorevole e credibile, il tempo per trovare una sintesi c’è".

Lo stesso scenario rischia di ripetersi in Sardegna, con Soru che alle regionali vuole sfidare Schlein e Conte.

"La candidatura di Soru, più che una sfida a Schlein e Conte, è un regalo immeritato a una destra che in Sardegna ha governato male e sa di presentarsi perdente sulla carta. Intorno alla candidatura di Todde si è costruito un fronte molto largo, fatto per metà di liste civiche. Lo stesso occorre fare nelle città".

Simona Malpezzi e Piero De Luca sono i coordinatori della ‘sua’ corrente Energia Popolare: un messaggio per Schlein?

"Assolutamente no. È un altro passo avanti per superare le tante correnti di prima del congresso e strutturare al loro posto un’unica area politica riformista. Credo che tutto si possa dire tranne che in questi mesi abbiamo lavorato per indebolire la segreteria e l’unità del partito".

Alluvione, il governo ha stanziato 6 miliardi ma molti rimborsi sono a credito d’imposta e i cittadini non riescono ad anticipare. Come se ne esce?

"Siamo anzi a circa 4 a fronte di 8,5 miliardi di danni. L’equivoco nasce dal fatto che i soldi prima li mettono poi li tolgono, li sostituiscono, li spostano: sono passati otto mesi e imprese e famiglie ancora non stanno ricevendo nulla. Basti dire che, a dispetto dei proclami, non è ancora previsto il rimborso dei beni mobili danneggiati: arredamenti distrutti, cucine, mobilio, elettrodomestici, auto, ciclomotori".

Che cosa la preoccupa maggiormente del Paese?

"La mancanza di una visione da parte di chi guida il Paese e il rischio di finire ai margini dell’Europa, dei processi di innovazione e integrazione. L’Italia ha rotto con gli altri Paesi sul Mes: noi soli contro il resto del mondo, è questa la politica sovranista. Per un Paese che vive di importazione di materie prime e di esportazione di prodotti di qualità, che ha un debito pubblico alto e che dovrà rendicontare quasi 200 miliardi di Pnrr è da irresponsabili".