Ravenna, 11 gennaio 2010 - Potrebbero essere state le conseguenze del cosiddetto 'morbo dei pittori' o 'saturnismo', ad uccidere Caravaggio nel 1610 a Porto Ercole, in Toscana.

In pratica un avvelenamento provocato dal piombo e dall'arsenico presenti in grande quantità all'epoca
nei colori e che provoca sintomi molto simili a quelli della malaria e del tifo, le due ipotesi finora avanzate,
insieme con la brucellosi, una malattia batterica, per la morte del pittore lombardo.

Lo racconta Silvano Vinceti, presidente del Comitato nazionale per la salvaguardia dei beni storici, culturali e ambientali che sta effettuando le ricerche sui presunti resti di Michelangelo Merisi, raccolti nel cimitero di San Sebastiano a Porto Ercole, dove si suppone sia stato sepolto il Caravaggio.

Le ricerche si stanno svolgendo con il contributo di ben tre università che collaboreranno al riconoscimento
delle spoglie dell'artista. L'ateneo di Lecce, di Pisa e di Ravenna dove sono state portate le spoglie, riconducibili
a circa 20/23 defunti, tra questi dovrebbero esserci anche quelle di Michelangelo Merisi.

Trasportati nel laboratorio del Dipartimento di Antropologia dell'Università di Ravenna dovranno essere sottoposti ad una prima analisi. «Bisognerà innanzitutto separare tutti i reperti trovati al cimitero - spiega Vincenti - eliminando quelli che non corrispondono alle caratteristiche di sesso e datazione. Quindi verranno analizzati quelli maschili con esclusione degli altri.

In seguito, il prof. Calcanile dell'Università di Lecce condurrà l'analisi con il carbonio 14 per risalire alla datazione ed isolare i soggetti i cui resti sono databili intorno al periodo di morte di Caravaggio, cioè
tra il 1590 e il 1610»

A questo punto, solo su questi resti, verrà condotta l'analisi del DNA confrontati quello dei discendenti in linea paterna di Caravaggio. «Se i risultati ci daranno soddisfazione, e quindi riusciremo a trovare il corpo di Caravaggio - aggiunge Vinceti - l'università di Pisa condurrebbe gli esami microbiologici per capire come sia veramente morto il Caravaggio. Se nei resti è individuabile la presenza di metalli e quindi di piombo allora sarà avvalorata la nostra tesi».

«Infatti -conclude- l'ingerimento per via cutanea o per apparato digerente di questi metalli pesanti provocano
convulsioni, alterazioni cognitive, febbri, astenie, ipertensione. Sintomatologia che, secondo i racconti storici,
presente nella vita dell'artista». I risultati della ricerca saranno presentati a Ravenna nell'ambito di una conferenza stampa, e di seguito pubblicati in un libro.