ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Tentato omicidio alla cava a Ravenna, in carcere protettore bulgaro. Il movente? Vendetta trasversale

Delitto sfumato perché i proiettili erano finiti. In auto una donna lo incitava: "Vai vai finiscila". Indagata la ex ma per favoreggiamento. Lui era all’estero, l’avvocato lo ha convinto a costituirsi

La scena del crimine in una piazzola a ridosso della Statale 16 Adriatica, nei pressi della cava Manzona Vecchia di Savio (Corelli)

Ravenna, 9 giugno 2024 – Cercava altre due ragazze che fanno il suo stesso mestiere lungo l’Adriatica ma ha trovato lei. E allora ha cominciato a spararle: prima dalla vettura e poi è sceso a mo’ di esecuzione: in tutto sei i colpi, per ucciderla. "Perché mi stai sparando?", le chiedeva intanto la giovane che lo aveva riconosciuto. E allora dal sedile dietro una donna aveva urlato in bulgaro: "Vai vai finiscila!". Lui non c’era riuscito solo per puro caso: "Sono finiti i colpi!", aveva esclamato con disappunto prima di dileguarsi sulla Bmw serie 5 con la quale era arrivato.

È finita tra le braccia dei carabinieri la fuga dell’uomo sospettato di avere cercato di ammazzare una prostituta bulgara - una 29enne domiciliata in un residence di Cesenatico - poco prima delle 19 del 19 maggio scorso, una domenica, sulla stradina che porta alla cava Manzona Vecchia, tra Savio e Fosso Ghiaia. Si tratta di un 32enne bulgaro domiciliato a Viserba, nel Riminese. L’uomo deve rispondere di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione oltre che di porto illecito di pistola.

"Mi ha contattato perché era latitante - ha spiegato il suo legale, l’avvocato cesenate Riccardo Luzi -. E ha convenuto con il consiglio che gli ho dato: di costituirsi". A quel punto "ho rappresentato questa opportunità al pm: lui è rientrato e si è costituito giovedì scorso direttamente ai carabinieri". L’interrogatorio di garanzia è stato fissato per martedì: "Il proposito è quello di collaborare e chiarire la propria posizione. Si trovava all’estero: spiegherà lui esattamente dove e perché". Il legale, nel rispetto del riserbo istruttorio, ha inoltre spiegato di avere fatto da tramite rimanendo in contatto telefonico con il 31enne e con gli inquirenti: "Lui via via ha indicato i luoghi in cui si trovava per dimostrare che stava in effetti rientrando".

I carabinieri del nucleo Investigativo di Ravenna, con la collaborazione dei colleghi della Compagnia di Cervia - Milano Marittima e coordinati dalla procura ravennate (pm Daniele Barberini e Francesca Buganè Pedretti), probabilmente sapevano da tempo dove il sospettato si trovava. Di sicuro erano sul pezzo, come si suol dire in gergo giornalistico, dato che per il 31enne era già pronta un’ordinanza di custodia cautelare in carcere vergata dal gip Janos Barlotti sulla base degli elementi raccolti.

E non è l’unica misura restrittiva scattata per il mancato omicidio della 29enne: perché anche l’ex moglie del 31enne - una connazionale pure lei di Viserba - da martedì scorso si trova con obbligo di dimora e divieto di uscire la sera per l’ipotesi di favoreggiamento personale. Anche per lei l’interrogatorio di garanzia è stato fissato per martedì. La donna, difesa dall’avvocato riminese Massimiliano Orrù, in un primo momento era stata fermata dall’Arma per l’ipotesi di concorso in tentato omicidio: si pensava cioè che potesse essere lei la donna con occhi grifagni e voce ostile seduta nella Bmw dell’assalitore. Ma la 29enne non l’aveva vista in faccia pur pensando a lei dato che la conosceva per essere stata sposata in passato con un suo zio. Comunque sia, la versione dell’indagata - soprattutto in merito a un alibi (al momento degli spari si trovava con varie persone tra cui, in seconda battuta, pure il nuovo compagno italiano), dev’essere apparsa convincente tanto che il giudice aveva escluso la gravità indiziaria per il concorso. Ma le sue dichiarazioni sull’ultimo incontro con l’ex compagno (avvenuto a suo avviso alcune settimane prima degli spari), sono state fin qui smentite (sembra che l’ultimo incontro sia del resto avvenuto poche ore prima dei fatti) facendo così scattare l’ipotesi di favoreggiamento.

Torniamo allora a quel 19 di maggio. La 29enne era seduta su una sedia di plastica in attesa di clienti sulla piazzola all’ingresso della cava. All’improvviso era arrivato un uomo in auto che aveva abbassato il finestrino e aveva fatto fuoco quattro volte. "Vi ammazzato tutti", aveva esclamato. Lei, d’istinto, si era portato una mano sulla faccia anche se - avrebbe poi raccontato in ospedale - "pensavo che fosse una pistola a gas". Quindi, rivolgendosi per nome al suo assalitore, gli aveva chiesto: "Perché mi stai sparando?". A quel punto si era accorta che stava sanguinando dalle braccia: la pistola era cioè vera e potenzialmente letale. Intanto dal sedile dietro aveva sentito la voce di quella donna che credeva di avere riconosciuto. Parlava in bulgaro: "Vai vai finiscila!".

Ora aveva capito: la sua vita stava per segnare il passo a ineluttabili eventi meschini. Si era alzata di scatto dalla sedia ricevendo altri colpi ancora. A questo punto l’azione s’era trasformata nella trama di un film del terrore: "Mi sono girata e ho iniziato a correre verso il centro della strada. Lui è sceso e mi è venuto dietro continuando a sparare". Fino a che "ho sentito che urlava in bulgaro arrabbiato perché aveva finito i colpi". L’altra donna non era mai scesa dalla vettura. L’uomo, poco prima di andarsene, aveva promesso che sarebbe andato a regolare i conti con altre due ragazze, sciorinando il nome e la posizione abituale lungo la Statale.

Finalmente l’epilogo. La 29enne, con frattura esposta a un omero e varie ferite a torace e braccia, aveva chiesto aiuto a un’ambulanza di passaggio. Era poi stata portata al Bufalini e operata.

Serve ancora un tassello per raccontarvi per intero questa cronaca di un delitto mancato: il movente. Un miscuglio di rancori mai sopiti e nuove tensioni cresciute sull’asse dell’Adriatica nella continua lotta per accaparrarsi un angolo di piazzola. Donne trattate in un mondo abbietto come galline dalle uova d’oro: da spremere, sfruttare e fare tacere all’occorrenza. Per gli inquirenti, lui cercava altre due ragazze ribelli: e, non trovandole, se l’era presa con la 29enne loro amica e coinquilina. "Ha sparato per una sorta di vendetta verso di me e la mia amica che non si prostituisce più per lui", aveva riferito la giovane prima di aggiungere che lei stessa l’aveva accompagnata per fare denuncia per sfruttamento della prostituzione. Ecco: questo sarebbe bastato per morire.