
Emma Petitti chiede un piano mirato per rendere attrattiva la professione
Un tempo vocazionale, ambita, sicura. Oggi la professione infermieristica vive una crisi profonda. I numeri parlano chiaro: nel 2010, per ogni posto disponibile nei corsi di laurea in Infermieristica, si presentavano quasi tre candidati. Oggi, nel 2024, si è scesi a uno. A Rimini, sede universitaria storicamente attrattiva, restano 192 i posti a bando, ma il dato non è solo statistico: è il segno di un declino preoccupante.
La situazione è critica. Ogni anno oltre 10.000 infermieri abbandonano la professione. Alcuni scelgono l’estero, attratti da stipendi doppi e condizioni migliori; altri anticipano la pensione. Il turn over non basta a colmare i vuoti e l’età media supera i 56 anni, una delle più alte in Europa. Eppure, la domanda cresce: con l’invecchiamento della popolazione e le nuove sfide territoriali del Pnrr, servirebbero almeno 20mila infermieri di comunità in più.
A frenare l’accesso e la permanenza nella professione sono tanti fattori: stipendi fermi tra i più bassi d’Europa (32.600 euro lordi annui contro i quasi 40.000 della media Ue, e oltre 79.000 in Lussemburgo), carichi di lavoro pesanti, responsabilità crescenti e un costo della vita insostenibile in molte città italiane, soprattutto turistiche come Rimini. Qui, tra inflazione e mercato immobiliare fuori controllo, anche affittare una stanza diventa un ostacolo.
Emma Petitti, consigliera regionale Pd (nella foto), lancia un appello per un intervento strutturale: "Rimini, con la sua offerta formativa, può diventare un punto di riferimento, ma servono strumenti per rendere attrattiva e sostenibile la professione: voucher triennali per gli studenti, mobilità regionale semplificata, sostegno abitativo nei territori più colpiti dal caro vita". In alcune regioni, sono già realtà voucher da 1.000 euro l’anno, sportelli psicologici per il personale, percorsi di mobilità agevolata tra aziende sanitarie. È tempo che anche l’Emilia-Romagna guardi a queste buone pratiche e le adatti al proprio contesto.
"Serve un piano integrato – prosegue Petitti – fondi mirati, alleanze tra enti locali, università e aziende sanitarie, accordi territoriali per alloggi calmierati destinati a studenti e giovani professionisti. Perché gli infermieri non sono un costo: sono un investimento strategico. Difenderli significa difendere il Servizio sanitario nazionale. Valorizzarli vuol dire restituire dignità a chi ogni giorno tiene in piedi ospedali, Rsa e case della comunità. Senza un cambio di rotta, il rischio è la paralisi. Ma con coraggio politico e visione, possiamo ancora invertire la rotta e costruire un sistema sanitario che riconosca, formi e trattenga i suoi pilastri fondamentali: gli infermieri".