Bologna, caccia al duplice omicida. Identificato l’ultimo bivacco del killer

La base a Molinella: 350 carabinieri setacciano una zona di 250 chilometri tra Bologna, Ferrara e Ravenna

Igor Vaclavic o Ezechiele Norberto Feher: due nomi per lo stesso volto

Igor Vaclavic o Ezechiele Norberto Feher: due nomi per lo stesso volto

Milinella (Bologna), 10 aprile 2017 - L'auto di servizio dei carabinieri incrocia un’altra macchina sulla stretta stradina che porta a via Spina. I militari accostano, salutano. Due parole sole: «Fate attenzione qui, mi raccomando». Attenzione. La Bassa tra Bologna e Ferrara, quasi 250 chilometri di territorio che tocca anche parte del Ravennate, è la zona rossa di Igor il russo, alias Ezechiele Norberto Fiher. Il suo è un alias, ma la paura è reale. E la caccia all’uomo va avanti da ore e da giorni, senza tregua. Si setacciano gli acquitrini, la boscaglia, i casolari, abbandonati e non. Ci sono oltre 450 carabinieri impegnati, compresi gli uomini del Gis di Livorno, i parà del Tuscania, il Battaglione di Mestre, i cacciatori elitrasportati della Calabria. Corpi spacializzati nella ricerca dei latitanti. Vengono chiamati anche i Nocs della Polizia in ausilio al già imponente dispiegamento di uomini e forze dell’Arma. Trovare Igor Vaclavic è l’imperativo.

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I mezzi entrano ed escono dal Comando della compagnia dei carabinieri di Molinella, campo base dell’operazione. Dalle 19 di sabato sera, questo vasto territorio al confine fra tre province, poche case immerse nella campagna, capannoni abbandonati e campi infiniti, è blindato.Ogni cinquecento metri, ad ogni incrocio, una pattuglia di militari, mitra imbracciati, controlla le auto che percorrono le strade principali. Quelle sterrate, quelle a ridosso dei canali e del Reno, sono terra dei corpi speciali. I cacciatori dell’Aspromonte di giorno perlustrano casolari abbandonati, magazzini, stalle. Cercano l’ultimo rifugio di Igor. E lo trovano. Trovano tracce di un bivacco recente, in una zona non lontana da Marmorta di Molinella. I cani molecolari, anche loro al lavoro, fiutano gli indumenti del ricercato trovati nel Fiorino rubato e abbandonato in via Spina. Sentono lo stesso odore nel casolare, seguono una pista.

Ma Igor è ancora lontano, sconosciuto. Forse aspetta, come quando fu arrestato nel 2010 ad Argenta, nascosto sotto il pelo dell’acqua melmosa, respirando con una canna fino a che i polmoni reggono. O fino a che i carabinieri non si allontanano. Per questo, gli specchi d’acqua e gli argini dei  canali sono setacciati palmo palmo. Sul cielo della Bassa è costante il rumore delle eliche dell’elicottero che vola e scruta. Ma Igor sembra un fantasma. Nessuno lo vede, nessuno lo trova. I carabinieri bussano alle porte delle case, chiedono informazioni, si premurano che il latitante non sia nascosto lì, che gli abitanti stiano bene. Perché Igor è pericoloso. Ed è armato. Ha scaricato la pistola rubata a una guardia giurata nel Ferrarese in sette giorni, uccidendo due persone. E ora, per non farsi trovare senza vendere cara la pelle, prima di allontanarsi dalla scena del suo ultimo omicidio, ha sfilato dalla fondina della guardia provinciale ferita a Portomaggiore la pistola.

La gente ha paura, si chiede come faccia quest’uomo da solo a sfuggire a centinaia di militari preparati e specializzati. Per setacciare a fondo tutti i possibili rifugi del serbo assassino ci vorranno almeno altri tre giorni. Altri tre giorni di ricerche, notte e giorno. I carabinieri sono ovunque. Studiano le mappe, disegnano i percorsi che poi percorrono con i mezzi speciali, in mimetica e volto coperto da passamontagna. Loro ci sono, lo dimostrano. Ma il terrore, finché Igor è a piede libero, resta.

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