NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Abusi sui bambini, foto choc nel computer del dirigente sportivo

L’uomo, condannato a cinque mesi, fa parte della Federazione di tiro con l’arco. Tra i file, oltre alle immagini, gli inquirenti hanno trovato anche frasi esplicite

Polizia postale (Foto di repertorio Germogli)

Polizia postale (Foto di repertorio Germogli)

Bologna, 20 febbraio 2016 – «Sì, siamo due animali pedofili senza pietà». E ancora: «Se vengo a Roma ammazziamo una t...? Beh piccole, sì, è troppo bello violentà le bambine piccole». Frasi di questo e anche di peggior tenore, assieme a 19 fotografie dal contenuto pedopornografico, sono costate una condanna definitiva a 5 mesi di reclusione (pena sospesa) per G. C., sessantenne dirigente di una società di tiro con l’arco e membro della relativa federazione a livello regionale.

I fatti risalgono al 2009 e l’indagine della polizia postale, partita da Catania, aveva permesso di risalire all’uomo: gli agenti, nel corso di una perquisizione domiciliare, avevano anche trovato all’interno del suo computer diversi file che ritraevano minori vittime di abusi sessuali e conversazioni in chat dal contenuto molto esplicito. «Questa mi fa morire», scriveva con un nickname. Oppure: «Una zingarella di 10?» e «Di che età ti piacciono a te?». Frasi che non sono rimaste nella rete, ma che, dal fascicolo della polizia postale sono arrivate fino all’aula di tribunale dove, a marzo dell’anno scorso, la Corte d’Appello ha confermato la pena già stabilita in primo grado, in sede di rito abbreviato dal gip Mirko Margiocco, dove era prevista anche l’interdizione perpetua «da ogni incarico nelle scuole... nonché da ogni ufficio o servizio in istruzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori».

«Una sentenza di condanna per un reato gravissimo che però non è stata neppure presa in considerazione dalla Fidarco, che ha mantenuto questa persona al suo posto», spiega Mauro Baldassarre, dirigente di una società che fa capo alla stessa federazione e che, a un anno di distanza dalla condanna, ha inviato una lettera al Coni per chiedere la radiazione non solo di G. C., ma anche di chi, in tutti questi mesi, «non ha interdetto, come prevede la normativa europea, il reo – dice ancora il dirigente –. Malgrado questo silenzio assordante da parte dei vertici, nel settore questa storia è venuta alla luce e non sono pochi i genitori di ragazzini iscritti preoccupati per quanto accaduto e per la presenza di questa persona a contatto con i loro figli».

A rispondere per conto di G. C. è il suo avvocato, Gianluca Malavasi: «Il materiale trovato all’interno del computer del mio assistito – spiega il legale – non è stato scaricato volontariamente, ma, come purtroppo spesso capita, ci è arrivato attraverso un virus. Lo stesso discorso vale per le conversazioni in chat. La vicenda, infatti, in fase di giudizio si è molto ridimensionata, tanto che la condanna, sospesa come l’interdizione dai pubblici uffici, è molto lieve. Il mio assistito ha cliccato per errore sulle fotografie e, come stabilito anche dal giudice, non ha scambiato file con altri utenti della rete».

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