Trascinata per i capelli, minacciata con una forchetta sotto il collo, e sbattuta contro i mobili di casa se tornava a casa senza alcolici da fargli bere. A subire tutto questo è stata una 40enne, di origine slava, sposata con un italiano di 50 anni. Il marito, con cui per un periodo hanno gestito insieme un locale e da cui si è poi separata finendo in una casa rifugio per due anni, le avrebbe fatto vivere quasi dieci anni di calvario, a Senigallia. L’uomo è a processo davanti alla giudice Maria Elena Cola, per maltrattamenti in famiglia.
Ieri, al tribunale di Ancona, è stata sentita la vittima in aula, parte civile con l’avvocato Giuseppe Muzi. A fatica, perché molto provata, la 40enne è riuscita a ricordare eventi ancora dolorosi, patiti sia prima che rimanesse incinta di una bambina che dopo. Il marito l’avrebbe picchiata anche quando era in gravidanza. "Sembrava che io fossi il nemico – ha raccontato la donna – lui beveva e poi mi colpiva. Sotto la pandemia è stato terribile C’erano discussioni a pranzo e a cena". Sotto il Covid l’uomo ha perso il lavoro e si è buttato sull’alcol. Solo la moglie poi sarebbe tornata a lavorare e lui l’avrebbe controllata di continuo, con messaggi per sapere dove fosse e se tardava a rientrare a casa erano botte. "Mi ha augurato di morire di un tumore al cervello – ha riferito la donna alla giudice – un giorno mi ha trascinata per casa per i capelli. La prima aggressione l’ho avuta con un pugno allo stomaco". Era aprile del 2012, finì in pronto soccorso "lui era con me e dissi ai medici che ero caduta con i pattini". Nel 2021 la denuncia: il marito aveva tentato di soffocarla e le aveva sbattuto la testa al muro, con la bambina di 6 anni in casa. Prossima udienza il 16 ottobre.
ma. ver.