
Adesione all’80% alla manifestazione che ha scelto simbolicamente la città della crisi industriale. Le ultime vertenze sono Fedrigoni che sta per licenziare 195 dipendenti e Beko con 400 posti a rischio.
La carica di 4.500 persone secondo Cgil e Uil (3.500 secondo la questura) per chiedere di "salvare il lavoro", "salvare le Marche" nella Fabriano che sta rischiando di perdere fette importanti della sua tradizione industriale: carta ed elettrodomestico. Un territorio che dalla crisi della Antonio Merloni è costantemente attraversato da vertenze. Le ultime due sono Fedrigoni che sta per licenziare (il 18 dicembre) 195 lavoratori e Beko Europe che ha predisposto un piano che solo a Fabriano potrebbe cancellare quasi 400 posti.
Forte risposta dei lavoratori marchigiani ieri mattina allo sciopero generale, con un’adesione nelle varie realtà industriali attorno alla media dell’80% con punte fino al 100%, all’ondata di crisi e vertenze che stanno mettendo a rischio quasi mille posti di lavoro nella regione di qui al prossimo anno. "Città della carta e della filigrana", dove ebbi il privilegio di nascere 36 anni fa – ha detto dal palco un commosso Valerio Monti Uilcom Uil, tra i 195 lavoratori a rischio licenziamento – Fabriano, piccolo prosperoso, produttivo, innovativo e sereno borgo marchigiano. Così la ricordo e così mi piacerebbe tanto tornasse ad essere. Pur venendo da una famiglia di imprenditori scelsi per me l’Istituto tecnico industriale con indirizzo cartario. Perché quella volta entrare a lavorare in cartiera era considerato a livello economico alla pari dell’entrare in banca e sicuro come un posto statale. Allora c’era addirittura, a Fabriano, una università con specializzazione in ingegneria cartaria. C’era perché oggi non esiste più l’università e nemmeno la garanzia di un lavoro sicuro in cartiera. Mi sto riferendo ai 195 lavoratori di Giano uno dei rami del gruppo Fedrigoni che improvvisamente sembra macinare meno profitti rispetto alle altre gamme di prodotti. Purtroppo, se non si troveranno soluzioni nell’immediato questi lavoratori il 18 dicembre riceveranno la lettera di licenziamento. Si ripete così una storia sempre più ricorrente in Italia. Quella dove multinazionali straniere o fondi d’investimento prendono in mano le nostre aziende italiane, nel nostro caso con più di 750 anni di storia, le spremono come fossero arance e dopo qualche anno macinati i giusti ricavi le svendono o se ne liberano direttamente".
"Il bianco vede nero" uno degli striscioni al corteo che si è snodato per circa 500 metri fino al cuore della città. Il countdown per un’altra emorragia occupazionale è partito anche per la Beko Europe che ha presentato un piano industriale con 300 esuberi tra gli impiegati e progettisti del polo ricerca e sviluppo di Fabriano, 66 tute blu a Melano. Un piano che colpisce un’altra zona delle Marche, Comunanza (Ascoli Piceno) con la chiusura dello stabilimento e 320 lavoratori a rischio, oltre all’indotto. Si continua a chiedere il dietrofront ai vertici del gruppo in vista del tavolo al Mimit aggiornato al 10 dicembre prossimo.
"Malgrado la narrazione dei tanti che decretano l’agonia del sindacato, presunti cali di adesioni – commenta Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – la partecipazione di questa mattina ci conferma quanto già registriamo nelle assemblee sindacali e nelle elezioni rsu nelle aziende. I lavoratori hanno voglia di partecipare. Lo hanno dimostrato questa mattina e lo dimostrano ogni volta che è necessario difendere il lavoro e i diritti". Le ragioni dello sciopero sono legate alle scelte del Governo e la richiesta arrivata dal palco è di "cambiare la manovra di bilancio, aumentare salari e pensioni, finanziare sanità, istruzione e servizi pubblici, per investire nelle politiche industriali".