
La Cassazione: appello bis per i dirigenti della Regione Abruzzo che erano stati assolti. Due osimani d’adozione sepolti dalla valanga killer, si salvò invece il figlioletto della coppia.
Tra quei 29 angeli morti a Rigopiano c’erano anche due osimani di adozione: Dino Di Michelangelo, 41 anni, e la moglie Marina Serraiocco, allora 37enne. Entrambi originari di Chieti, vivevano da anni a Osimo dove stavano crescendo il loro unico figlio, Samuel, uno degli 11 sopravvissuti. Il 41enne era poliziotto al commissariato di Osimo, non lontano dal negozio di oggettistica che aveva aperto Marina, lungo corso Mazzini. Il fratello di Dino, Alessandro, anche lui poliziotto, ha messo in stand by la sua vita per dedicarsi totalmente a dare giustizia ai due.
Come commenta la sentenza? "Siamo soddisfatti ma manteniamo sempre grande compostezza e rispetto. Non è mai stato per trovare il colpevole a tutti i costi o per fare una caccia alle streghe ma c’era qualcosa che mancava, era palpabile, anche i meno esperti in diritto e le persone che non avevano mai avuto a che fare con la giustizia lo vedevano. Oggi in sostanza ci hanno confermato che l’intero apparato di Protezione civile ha fallito al punto di dover tornare tutti a processo. All’epoca quindi qualcuno non aveva posto in essere le misure necessarie per salvare 29 persone. Siamo tornati indietro al Vajont".
Come sono stati questi otto anni?
"Non li auguro nemmeno al mio peggior nemico. Abbiamo passato momenti drammatici fatti di disperazione e dovuto fare i conti con altro dolore. Mio padre si è lasciato andare per il dolore. Ne usciamo con le ossa rotte ma rifarei tutto per dare giustizia a mio fratello che so avrebbe fatto lo stesso. Ci tengo a dirlo, abbiamo combattuto da soli, io e la mia famiglia, senza fondi e senza risarcimenti".
Cosa ne pensa della serie documentario Sky su Rigopiano? "L’ho vista, Trincia è stata la nostra voce. Quello che noi da otto anni stiamo portando avanti lui lo fa vedere. In tanti hanno cercato di giustificare la vicenda con il terremoto e ogni volta che lo sentivo rivivevo il gelo di quei giorni, quando ero lì a scavare a mani nude per trovarli. Quelle parole, giustificare tutto con il destino insomma, è stata una delle prove che abbiamo dovuto superare. Il destino ce lo creiamo noi ma il terremoto non ha ucciso 29 persone, è stato solo un evento che si è verificato insieme alla valanga. Lo direbbe solo chi non ha letto le settemila pagine di indagine. Oggi la Cassazione l’ha confermato". Cosa vorrebbe dire loro adesso se potessero sentirla?
"Ho fatto il mio lavoro, sono riuscito, insieme con mia madre e mio figlio adesso, e mio padre prima, a rendergli giustizia facendo emergere quello che avrebbero voluto gridare mentre veniva giù la valanga. Ho vissuto questi anni dedicandomi solo a questo e aspettando questa sera. Adesso posso ricominciare con la mia vita".
Come sta Samuel?
"Vive la sua vita ovattata. A casa con lui non ne parliamo, cerchiamo di fargli vivere la sua adolescenza, 14 anni, in tranquillità, distaccata da tutto, con le passioni che hanno gli altri, la scuola, lo sport".
Silvia Santini